Per sviluppare un approccio integrato alle problematiche ambientali e relazionali
Roma, 14 dicembre 2019
Il convegno “In Scienza e Coscienza – Per sviluppare un approccio integrato alle problematiche ambientali e relazionali” intende focalizzare la dinamica individuo/ ambiente declinandola in tante diverse e convergenti dimensioni: scientifica, etica, psicologica, sociale, educativa, filosofica e spirituale.
I segnali che giungono dalla natura (su tutti lo stravolgimento del clima del pianeta!) ci indicano che ormai non è più rimandabile il momento per passare ad una nuova cultura e a nuove relazioni tra l’uomo e il suo ambiente, ma anche nella relazione interpersonale e in quella intrapsichica.
Oggi, con determinazione e senza perdere altro tempo, occorre passare ad un nuovo paradigma nel rapporto uomo-natura, basato non più su un approccio riduzionista e sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e sulla convinzione di un pianeta illimitato e sempre a disposizione.
Occorre far emergere una nuova coscienza planetaria attraverso uno sguardo olistico, in cui le azioni verso la natura e i comportamenti (e le parole!) verso le altre persone (ma anche verso sé stessi!) siano orientati a far emergere il rispetto e la valorizzazione delle diversità, nelle forme naturali e nelle società umane, oltre all’accettazione dei limiti (interni ed esterni) che inevitabilmente ci definiscono!
Un nuovo patto con la natura è quindi necessario.
Una “nuova alleanza” in cui occorre diventare consapevoli delle conseguenze del proprio agire, ognuno nel proprio contesto, con la responsabilità verso ciò che ci è solo dato in prestito!
D’altronde è necessario considerare come ciò che sta accadendo a livello macroscopico nella dinamica uomo-natura (scioglimento dei ghiacciai, inquinamento di tutti gli ecosistemi anche quelli più remoti – vedi l’antartide! – sparizione di specie e forme naturali, solo per fare alcuni esempi!) si ripropone con lo stesso meccanismo utilitaristico e riduzionistico nelle attuali società umane a livello globale: attraverso lo sfruttamento brutale, l’impoverimento, le migrazioni climatiche e non, le guerre per le risorse naturali, spesso residue; ma anche nelle relazioni interpersonali del cosiddetto mondo occidentale caratterizzate da spregio della persona umana, vittoria della sopraffazione, non accettazione dei limiti e della fine – ma occorre anche considerare, da un ulteriore punto di vista già segnalato a suo tempo da Hillman e altri psicoanalisti, come la perdita irreparabile di orizzonti naturali non umani incide a livello psicologico nei vissuti individuali di tante persone nel mondo, attraverso nuove patologie e perdita di orizzonti naturali, patologia oggi identificata come “deficit di natura” che si manifesta attraverso vissuti depressivi, anomia, perdita di un senso che forse solo mediante un approccio spirituale può essere recuperato.
La hybris umana che ha caratterizzato in particolar modo circa gli ultimi cento anni di storia del pianeta Terra ci sta ricadendo addosso in modo diretto ma purtroppo previsto. Già dagli anni 60-70 del secolo ventesimo scienziati, filosofi, ecologisti, cultori del bene comune e persone di buon senso hanno via via segnalato in modo sempre più forte la necessità di un cambiamento nel “modello di sviluppo”. Rachel Carson, Barry Commoner, il MIT e tanti altri scienziati ci segnalarono già dagli anni ’70 che occorreva intervenire subito…oggi è forse tardi? Non lo sappiamo! Ciò che sappiamo è che “più cerchiamo di controllare la natura, più essa ci controlla” come scrisse in modo profetico Edgar Morin nel 1980! (L’idea di ecologia, trad. italiana del 1988, pag. 134).
Il pianeta azzurro, si sta riorganizzando . Sta cercando la sua nuova omeostasi. Gaia sopravviverà sicuramente. Vediamo di poterci essere anche noi in questo nuovo equilibrio costruendo un nuovo approccio alla natura che come scrisse a suo tempo Andrè Gorz nel 1977 “non è un giardino piantato per l’uomo” – …e neppure una discarica a disposizione dell’uomo! – ma va conosciuta e rispettata prima, e contestualmente e in modo speculare vanno riscoperte nuove e significative relazioni tra gli uomini. Tra l’altro occorre evidenziare come il movimento di protesta delle nuove generazioni grida il diritto ad avere voce nelle scelte mondiali e locali affinchè, come scriveva negli anni novanta Theo Colborn, non si verifichi che il futuro sia a loro rubato!
L’approccio della Gestalt-psicosociale ha fin dal suo esordio messo al centro il rapporto individuo-ambiente. Ambiente inteso nel suo senso più ampio come natura e spazio di vita ( e qui si potrebbe parlare di una Gestalt-ecology!): ambiente inteso come contesto relazionale in tutte le sue declinazioni. E’ solo nel luogo intermedio della relazione (uomo-natura piuttosto che uomo-uomo) che avviene un cambiamento. D’altronde le ormai acclarate scoperte epigenetiche ci testimoniano come l’ambiente sia ben più di un semplice contesto in cui si esprimono le nostre caratteristiche genetiche. Il nostro rapporto con l’ambiente (naturale, non-umano, familiare, relazionale, ecc.) influenza in modo diretto il nostro DNA e quello dei nostri figli e nipoti. L’esposizione a sostanze tossiche come a relazioni tossiche fa evolvere un certo tipo di soggetti che formano società umane, magari malate, intossicate o bisognose di farmaci o comunque incapaci di autoregolamentarsi come già Kurt Goldstein e Fritz Perls avevano sostenuto. L’approccio PNEI (Psicomneuroendocrinoimmunologia) mette proprio in connessione profonda l’aspetto fisiologico e quello mentale insieme a quello ambientale. Molto spesso la cura non può prescindere da un cambiamento a più livelli: stile di vita, alimentazione, relazioni, contesto di vita, elaborazione dei vissuti emotivi. Ogni livello influenza l’altro e non possiamo usare lo schematismo riduzionista che ad ogni sintomo corrisponde un farmaco.
Nel rapporto uomo natura noi possiamo, come ci ricorda Edgar Morin, guidare o seguire la natura: “Si tratta di scorgere una coevoluzione attraverso trasformazioni reciproche tra una biosfera acentrica, incosciente e spontanea e un’umanità che sta diventando sempre più del suo divenire e del divenire del mondo”.
Nel rapporto interpersonale l’approccio gestaltico identifica nel confine di contatto l’esprimersi e a volte il risolversi dei bisogni degli individui o dei gruppi che sono coinvolti nella relazione stessa.
Ma sia che si tratti di rapporto uomo-natura, sia che si tratti del rapporto interpersonale occorre ora definire nuove (o antiche) principi che possono orientarci in questo passaggio da una società della sopraffazione e della dissipazione ad una società ella riparazione e della cura:
Principio di globalità: (non di globalizzazione!) ogni nostra azione ha una conseguenza. Diventare consapevoli o previdenti rispetto a ciò che accade o accadrà subito dopo (nelle scelte che coinvolgono ora la natura ora il mio prossimo o più spesso entrambi!) permette di assumersi la responsabilità di quanto deciso.
Principio di diversità: la biodiversità sia naturale che umana e relazionale, è sì un valore assoluto, ora tanto pubblicizzato, ma implica una cura un prendersi carico, una com-passione verso che non è contato e che ha bisogno di tempo e spazio sia con le forme naturali che con gli altri uomini.
Principio di limitazione: la nostra attuale società non mette limiti, a nulla! Chissà quanto certe forme di patologia, penso soprattutto alle dipendenze, ma anche a profili border e narcisistici sono collegati a questo orientamento! La Terra è un pianeta finito le sue risorse attualmente le consumiamo entro il mese di luglio e poi stiamo per altri 5 mesi a spendere ciò che non abbiamo. Ma il limite è ciò che permette a bambini d adulti di crescere, svilupparsi e morire in modo reale e sano senza miti di perfezione o Hybris di potenza o impotenza.
Principio etico: l’etica ha che fare con comportamenti concreti. Spesso l’ecologismo è stato ridicolizzato come la protezione del panda o del fiorellino…L’etica è ciò che orienta il bisogno o il desiderio, definisce i valori in campo ciò che è importante e ciò che è superfluo o viene dopo. Tornare, sì tornare perché le società tradizionali erano profondamente etiche e spirituali, ad una etica ecologica e di relazione significa fare spesso passi indietro, non vergognarsi delle proprie incapacità, salvare non i contenuti o gli oggetti, ma la relazione.
Principio estetico: “la bellezza salverà il mondo” scriveva Dostojevskj, speriamo che sia così! Ma l’estetica implica il sentire più che il pensare . Io mi sento, e sento l’altro, sento cosa può portarci questa relazione senza un obbligatorio calcolo, economico o di altro genere. La natura non solo è necessario salvaguardarla per un mero calcolo di opportunismo e di sopravvivenza, che già basterebbe!, ma perché sento di appartenere al creato, che come ci hanno ricordato Papa Giovanni II prima nel messaggio del 1 gennaio 1990 e recentemente Papa Francesco nell’enciclica “Laudato Si’”, noi ne facciamo parte e ne siamo i depositari ma non i padroni!