Così.
Come tutti i pomeriggi feriali da ormai più di venticinque anni, Wand va nel suo studio qualche minuto prima delle tre del pomeriggio per ricevere i suoi pazienti/clienti.
Veramente non proprio alcuni minuti prima, ma almeno mezz’ora prima…
Veramente non proprio tutti i pomeriggi dei giorni feriali…
E veramente non sempre alle tre del pomeriggio…
Ormai da alcuni anni, dopo la famosa crisi del 2008 finita (dicono) nel 2013, in realtà sempre presente, Wand si è adeguato alle nuove richieste mordi e fuggi dei nuovi pazienti/clienti.
Si, perchè adesso occorre essere veloci, competenti, finalizzati, adeguati e se possibile anche economici per una pletora di persone che tra finti e reali problemi (secondo lui erano più quelli finti!) può scegliere nuovi colleghi, sicuramente più aggiornati, sicuramente più agguerriti e come si dice …con tanta fame! Quindi meno pazienti/clienti (vi chiederete perchè questa doppia definizione, ma Wand le utilizza entrambe a seconda delle situazioni più o meno professionali, più o meno casualmente) quindi anche meno soldi, quindi anche più pensieri: sbaglio? e dove? e perchè non arrivano nuovi pazienti/clienti? bah! E intanto lui, ormai da più di dieci anni (la famosa crisi del 2008…) non aumenta più le tariffe, anzi le ha abbassate: “ma ti sembra giusto?”
Wand passa molto tempo a ruminare su tali pensieri senza venire a capo di nulla.
Già da tempo, in realtà, ha iniziato a fare tante altre cose: supervisioni per equipe educative (lavoro che praticamente si è inventato lui tanti anni fa senza avere nessuna idea di dove si stesse imbarcando!) oppure formazione per operatori di comunità educative per minori (dimenticavo! vogliono essere chiamati “educatori” e non “operatori” altrimenti ricomincia il solito ritornello: “…e operatori sono anche quelli ecologici…” e per Wand non sarebbe un grosso problema, forse di ecologia ci sarebbe più bisogno, ma per gli “educatori” è un sentirsi sminuiti e…bla, bla, bla…)
Poi tante altre cose…lezioni, valutazioni, selezioni, coordinamenti…troppe cose…
Per un periodo Wand ha riposto fiducia e idee in una associazione con altri colleghi: tanti progetti, tante riunioni, tanti pranzi e pranzetti condivisi (che palle!) per giungere…a nulla! Si qualche convegnuccio in periferia, qualche partecipazione ad eventi vari, qualche altro che ora non si ricorda più, ma stringendo, e facendo il conto della serva, era più quello che aveva speso di quello che aveva ricevuto con in più la sensazione dolorosa ed amara di aver perso tempo (più che denaro!) per cercare di affermare un qualcosa di sè a cui un tempo teneva: forse la conoscenza (i greci parlavano di Sapienza!) o anche il narcisismo (o forse il riconoscimento?), ma adesso tutto ciò sembra non essere più così importante.
Qualche volta, forse per riempire i vuoti di certe mattinate stanche o di certi pomeriggi con qualche “buco” (non c’è cosa che fa incazzare di più Wand delle improvvise “assenze” o “rinunce” dei pazienti/clienti…d’altronde un buon motivo per non andare in psicoterapia si trova sempre!) ci si sente per telefono con qualche collega/socio per poi concludere con un “dai ci vediamo, quando passi di qua, chiamami per un caffè” eccetera, eccetera, sapendo che non avverrà! o forse sì , ma non nel modo in cui a lui piacerebbe!
Così.
Il lavoro a Wand non manca anche se preferirebbe fare ciò per cui si sente più preparato o forse per ciò che gli piace di più, la psicoterapia? A volte se lo chiede: ma sono veramente adatto a fare questo mestiere? Che cosa do concretamente io ai miei pazienti/clienti? Ascolto e poi? Interesse? In parte. Migliorano? Alcuni sì, altri no.
Per diventare sempre più bravo, sempre più esperto nel trattamento dei suoi pazienti/clienti, Wand si è specializzato in diversi approcci e tecniche (oggi c’è l’imbarazzo della scelta), a volte quasi forzandosi perchè in fondo sapeva che quella tale formazione non avrebbe aggiunto nulla a ciò che lui già fa e forse è anche in grado di insegnare agli altri…ma poi tra sensi di colpa ed ecm (tocca farli, anche se nessuno controlla!) si iscrive a corsi di tutti i tipi rinunciando a sabati e domeniche più libere e più vuote.
A volte chiede a sè stesso se ancora oggi dopo più di trent’anni di lavoro in psicoterapia (si perchè per i primi anni si è appoggiato in altri studi con altri colleghi!) ha ancora voglia di prendersi la responsabilità di caricarsi dei problemi altrui.
In più c’è un aspetto che non riesce più a sopportare: la solitudine del modo di lavorare! Si perchè Wand si sente solo prima, durante e dopo la seduta…
A volte va in supervisione…ma è un’altra cosa. Si è comunque soli, pensa. Soli con se stessi e con l’altro che magari aspetta da te magie o peggio miracoli di guarigione definitiva, quando invece è “lapalissiano” (a Wand piacciono le parole strane e poco utilizzate!) che il cosiddetto “cambiamento” può avvenire solo a determinate condizioni, per esempio se il paziente/cliente lo vuole veramente e non “facciamo una prova”, oppure “sono stato da tanti altri, provo anche con te”, così non funziona!
Tornando a quel “veramente”, Wand era rimasto recentemente affascinato e colpito da un “veramente” che seguiva ad un’altra parola per lui sempre più importante: “appoggiarsi”.
Insieme suonano: “appoggiarti veramente”. Lui aveva ascoltato questa frase in un seminario di ipnosi (una delle tante specializzazioni di Wand) e aveva notato l’effetto che questa frase banale aveva avuto su un suo collega che si era “appoggiato veramente…”
Già appoggiarsi, ma a chi? Agli amici? Alla famiglia? Ai colleghi?
Negli ultimi anni Wand aveva perso i suoi due unici amici che aveva.
Prima uno e poi l’altro…velocemente, senza riuscire a fermare l’istante…
La malattia (il brutto male lo chiamavano una volta a casa sua!) si era manifestata improvvisa, subito senza speranza, ineffabile…pochi mesi e non c’erano più!
E ogni perdita ne ricordava un’altra…nell’ordine: lo zio amatissimo, il padre debole e infelice, la madre instabile e distante, la zia che lo aveva allevato…
Troppe perdite! Ravvicinate, a volte come quelle dei suoi amici impreviste, ingiuste, molto dolorose!
Negli ultimi anni, in realtà, Wand si era appoggiato a qualcuno: si, a sua moglie!
Nel tempo era nato in lui un sentimento forte. Erano scomparse le tentazioni sessuali extraconiugali dei primi anni del matrimonio, erano scomparse le litigate, a volte furibonde di gelosia (gelosie che anticipavano i possibili tradimenti di Wand stesso!), erano scomparse anche le litigate per le rispettive famiglie di origine (tutte quelle frasi che prosaicamente iniziano con: “nella mia famiglia….”.
Adesso è lui, Wand che “vuole” stare con lei…si il matrimonio (o meglio il legame) lo capisce adesso dopo trent’anni…non che non guardi le altre donne, ci mancherebbe! Gliene piacciono tante! Anzi, quando gira da solo non riesce a dare il resto dove guardare e le vede tutte (o quasi!) belle – lui usa un altro termine, più volgare, in pratica tutte, o quasi, gli stimolano sensazioni sessuali, e se riceve qualche sorriso o sguardo di compiacimento, lui ne è ben lusingato!
Ma non è questo il punto.
Negli ultimi anni sente di stare con lei, si chiama Mia, ad un livello diverso, forse si potrebbe definire “spirituale”, senza scadere nelle frasi fatte o nella new age!
“Si, un altro livello”, pensa Wand, “come sentirla dentro, veramente una parte di te!”.
Wand ha quasi paura di questo sentimento… “sono diventato un dipendente affettivo?”, si domanda. Sta di fatto che adesso, al di là delle litigate, che vivaddio ci sono ancora (ed è bene che ci siano, si ripete Wand!) lui spesso si sente un tutt’uno con lei, può dire tutto (o quasi) e ascoltare tutto (o quasi), sicuramente sente che non deve più difendersi da lei, come invece doveva difendersi da sua madre.
A parte sua moglie, però, Wand si sente solo, ed è solo!
Quando sua moglie lavora e lui è libero sta da solo e sua moglie lavora tanto!
Ormai ci è abituato. Non gli piace o meglio non gli piaceva…ormai ci ha fatto il callo!
A volte guarda il telefono per vedere se arriva qualche chiamata…da chiunque.
A volte qualcosa succede, qualcuno chiama: ma è raro, molto raro, magari è una compagnia telefonica….
La solitudine, al di là del lavoro e della moglie, è la sua compagna quotidiana!
A volte invidia proprio sua moglie che ha tante amiche e amici (di cui Wand – in particolar modo di qualcuno – è stato nel tempo molto geloso!).
Lui no! …e le amicizie vanno curate e occorre perderci (o meglio investirci!) tempo.
Così per stare di più con sua moglie, per stare in compagnia, Wand si era inventato un metodo: andare il più possibile, appena si può, in vacanza.
Lontano dalla città, lontano dagli amici e parenti di lei.
Quando è lontano, può essere per vacanza o quando accompagna sua moglie in qualche posto, Wand ha la sensazione di tutelare e chiudere un tempo, solo per loro due…sentirsi veramente con lei e che lei ha a che fare solo con lui…a parte il solito maledetto telefonino…
Nei tempi vuoti, oggi sempre di più, va a visitare su internet siti di vacanze – sognando a volte mete per lui impossibili (quando era più giovane la Polinesia!) – e quando ha individuato un contesto che rende compatibili tre fattori: piacevolezza, economia e tempo, “butta” l’idea a sua moglie che solitamente la demolisce in pochi istanti o meglio riporta Wand al senso di realtà…già la realtà…che palle!
Spesso per bypassare le critiche muliebri, Wand direttamente prenota e…di fronte al fatto compiuto, come si dice, si deve accettare!
Mancano adesso veramente pochi minuti all’arrivo di Marina…e “pensare ad altro non serve”, ma, come si sa, molti nostri pensieri non dipendono da noi e così, ancora un pò, quasi come una droga, Wand continua a pensare…e pensa al suo lavoro, a come la psicoterapia da un lato lo faccia sentire meno solo…
Comunque, la psicoterapia piace a Wand. E si sente debitore alla funzione psy presa genericamente. Davvero. Ma non tanto da un punto di vista professionale, no.
Non è questo.
Si sente ancora debitore perchè molti molti anni fa, Wand era ancora un ragazzo, era stato come prescelto da una psicoanalista che in un colloquio gli aveva detto: “tu ce la puoi fare” e l’implicito era che qualcun altro non ce l’avrebbe fatta, e Wand sapeva bene chi fosse questo altro, ma adesso non vuole pensare a tutta la fatica fatta!
Ora continua a sentirsi debitore e al tempo stesso riconoscente verso quella frase: “tu ce la puoi fare”: qualcuno l’aveva detta, qualcuno si era espresso, nella sua famiglia di origine nessuno glielo aveva mai detto.
Così.
Mentre aspetta la paziente/cliente delle tre, Wand rimugina su tutto ciò. D’altronde è stato sempre molto veloce con i pensieri, forse troppo: “oggi sarei classificato ADHD?”, pensa.
Pensa anche alla paziente, una donna sui quaranta circa. Depressa (dice lei), noiosa (la vive lui). Lei ha deciso di rallentare le sue sedute, adesso viene ogni 15 giorni, forse anche lei si annoia, oppure è la mia noia a farla desistere dal continuare a venire, si domanda Wand…
Mancano ormai pochissimi minuti alla seduta e Wand siede sulla sua poltrona, comunque soddisfatto, il suo studio gli piace proprio. Se l’è tagliato su misura, l’ha costruito passo passo.
Ricorda che quando incontrò il primo, o meglio i primi, visto che si trattava di una coppia!, pazienti/clienti, li aveva ricevuti in quello stesso studio, che però all’epoca non aveva neanche il pavimento: nudo e crudo! Era molto fiducioso all’epoca pensando che “in fondo la forma non c’entra, la psicoterapia se vuoi la puoi fare anche per strada…”, sta di fatto che la coppia (professionisti entrambi e anche un pò spocchiosi) non venne più, senza neanche motivare.
Però lo studio poi aveva preso forma, piano…piano. Prima il pavimento di mattone grezzo, un cotto fiorentino come piace a Wand, poi i mobili scelti accuratamente uno a uno, ma non ne occorrevano tanti, ingresso/saletta d’aspetto, bagnetto e studio vero e proprio sono circa 35 mq, ha lavorato più sui particolari: una mensola in ferro battuto, i quadri che negli anni ha raccolto, i tappeti, altri piccoli soprammobili, pezzetti di viaggi esotici o europei…e poi libri, libri e libri dappertutto: una libreria a muro, un’altra nella sala di attesa/ingresso e poi sparsi dappertutto.
Non che tutti questi libri lui li abbia letti tutti…no, assolutamente, ma gli piace averne: tutto Freud, tutto Jung, tutto Perls (e tutta la Gestalt perchè Perls ha scritto ben poco! a proposito, lo avrete già capito Wand è un terapeuta della Gestalt, parola tedesca come il suo nome di cui non comprendeva la scelta dei suoi genitori!) tutto Milton Erickson, Bowlby, ecc., ecc, e da qualche anno le neuroscienze e poi tanto altro, circa duemila volumi, di cui Wand è orgogliosissimo!
Alcuni tra i suoi clienti/pazienti a volte gli chiedono se li ha letti tutti e lui si schernisce sorridendo: “prima o poi lo farò!”
Durante i tanti anni di lavoro Wand aveva anche collezionato piccoli oggetti donati da suoi clienti/pazienti. Niente di valore: una bussola – la paziente/cliente gli aveva detto che era il simbolo del lavoro fatto insieme e Wand e lui ne era particolarmente fiero; una piccola scultura africana in legno di ebano – questo oggetto era legato a ricordi più oscuri: la paziente/cliente dell’epoca gli aveva fatto proposte sessuali e lui si era sentito fortemente a disagio: “…e poi non era neanche bella!”; un quadro che rappresentava libri e altro, donato dal padre pittore di una preparatissima dottoressa che però non si accettava nè fisicamente nè psicologicamente; una caricatura disegnata su un orologio a muro alla quale Wand teneva particolarmente anche se l’orologio era sempre avanti o indietro, la caricatura era stata disegnata da un tossicodipendente un pò “pazzarello” e gli ricordava tempi passati e un pò senza confini; una piccola foca di metallo che ha una calamita sul muso e che tiene in bilico una penna: simbolo dell’equilibrio? chissà. E per ultimo un paio di vecchissimi occhiali di una nonna di una sua paziente/cliente, a lui regalati perchè “sai vedere oltre le apparenze” gli disse la donna…
Poi tante altre piccole cose raccolte da lui…Lo sguardo vaga da un oggetto all’altro e Wand studia altre collocazioni, trasformazioni improbabili dello studio, visto che data la struttura storica dello stesso non può veramente apportare alcuna vera modifica.
Così.
Nel tempo Wand si è affezionato in particolar modo ad un “Muro”, si a un muro del suo studio, una parete, come la vogliamo chiamare.
E’ un muro di confine tra il suo studio e l’appartamento o l’ufficio adiacente (in tanti anni che stava lì Wand non era ancora riuscito a capirlo…) un muro che dà idea di solidità di compattezza, di presenza – a dirla grossa – quasi umana.
Ebbene si Wand lo “sente” e lo vive così quel Muro, al quale è appoggiata la sua poltrona color marmotta (nello studio vero e proprio ne ha tre, invece nella saletta d’aspetto/ingresso ha due sedie in legno massello con il bracciolo).
Questo “Muro”, per lui è un pò irriverente chiamarlo così, lui preferisce “nicchia”, perchè a volte ci si infila proprio dentro, vi si appoggia, quasi si nasconde…dovete sapere che l’edificio dove Wand ha lo studio è del ‘600 e i muri appunto non sono perfettamente diritti, ma hanno particolari curvature o rigonfiamenti che favoriscono tante posizioni fantasiose e più o meno comode.
Wand, appoggiandosi a quel muro ha la sensazione di sentirsi più ispirato, più in contatto con sè stesso ma anche con il cliente/paziente di turno: si più ispirato. A volte ha quasi la sensazione che le parole che pronuncia durante la seduta gli vengano direttamente suggerite da quel “Muro”…ma , stupidaggini…pensa!
Suona il campanello ed entra Marina, la donna sulla quarantina depressa e noiosa, soprattutto noiosa.
Come tutte le altre volte, già dopo sette-otto minuti Marina ha ripetuto in modo monocorde le stesse identiche cose della volta precedente, snocciolandole come un rosario di preghiere!
Dice, come ormai da più di sei mesi, che sul lavoro non riesce a sopportare la sua collega che la umilia e la prevarica facendo esempi ripetuti e che Wand conosce a memoria, mentre con il marito non fa più “sesso” (Wand una volta aveva provato a sostituire la parola “sesso” con “fare l’amore” ma lei brutalmente lo aveva redarguito: “sesso, sesso si dice sesso”) perchè non ha voglia. Ripete che ha fatto tutte le analisi possibili, ma va tutto bene, da un punto di vista fisico: “non ho voglia”, dice.
Wand prova a chiedere a Marina, come fa ormai da più di sei mesi, quanto questa sua non voglia di “sesso” (si ha detto bene “sesso”, non: “fare l’amore”, anche perche Marina gli ha detto che non le piacciono i preliminari…Wand non riesce a capire. Wand si è sempre immaginato la scena: giù le mutande e via! Alla faccia del “fare l’amore”!) sia collegata al tradimento con quel ragazzo di colore che risale proprio prima della sua depressione.
Ma come ormai da sei mesi, Marina torna a a dire che non c’entra nulla, che è una storia conclusa, che il ragazzo è tornato in Africa e bla, bla, bla.
La sorpresa
Wand sospira quasi chiudendo gli occhi. Si appoggia al Muro quasi nascondendovisi dentro…è sconsolato e senza più argomenti.
Ha portato “il caso” in supervisione. Non è servito a molto. L’unica cosa che ha capito, è di non spingere, che ci vuole tempo, che occorre che la paziente/cliente faccia un passo alla volta, che già è buono che continui a venire in seduta senza affidarsi solo ai farmaci…ok, ma adesso è lui che ci sta male…vorrebbe essere veramente d’aiuto, fare qualcosa per lei…
Adesso Wand è completamente nascosto dalla gobba del Muro. Si sente spossato e vinto, respira forte…Marina sta in silenzio e lo guarda come di solito fa…il tempo scivola…
Una voce: CHI HA PARLATO? Wand lo chiede a Marina. Lei non sa e non capisce, ma Wand ha sentito distintamente una voce maschile che diceva: “guardala veramente e smetti di pensare”.
Wand è confuso, diventa rosso, balbetta…Marina gli chiede se può aiutarlo, lui è impacciato non sa cosa fare, cosa dire, fortunatamente suona il labile fischio della sveglietta dello studio, ben nascosta agli occhi altrui, che segnala che mancano giusto cinque minuti alla fine della seduta.
Il fischio lo fa ricomporre. Per un attimo gli tornano in mente le parole della voce: “guardala veramente e smetti di pensare” e per un attimo succede proprio questo.
Marina si accorge, Wand adesso la sta guardando veramente ed è lì con lei.
Prima di alzarsi dalla sua poltrona Marina dice: “oggi è successo qualcosa che non so spiegare mi sento diversa dal solito, più leggera”. Wand da un lato è contento ma è anche perplesso, un pò turbato.
Rimasto solo (il paziente/cliente successivo arriverà tra un’ora) Wand riprende a domandarsi da dove venisse quella voce. Lui è sicuro di averla udita in modo distinto: una voce maschile, affermativa, presente, senza particolari inflessioni…CHI E’?