Studio di Psicologia e Psicoterapia "Ecotono"

- Dr. Andrea Bramucci

Colore come terapia

Appunti sul rapporto tra colori e psicologia

“Agli uomini il colore dona, in genere, grande diletto. L’occhio ne ha bisogno come ha bisogno della luce”  J. W. Goethe

 

Nella continua relazione tra individuo e ambiente è costantemente presente la dimensione del colore.

Il colore entra a far parte, in modo integrato e spontaneo, in tutte le manifestazioni della nostra vita, connotando oggetti, abiti, arredi, usi e costumi, ma ancor prima di ciò determinando le differenze e le consonanze delle forme naturali che spesso hanno orientato l’applicazione antropica del colore.

La nostra esperienza quotidiana  è  sempre determinata da luci, ombre e colori che inavvertitamente riceviamo e che segnano i nostri percorsi di vita e che ritornano nelle sensazioni, nei pensieri, nei ricordi e anche nei sogni:  lo stesso luogo è depositario di ben diversi affetti se frequentato con una densa nebbia o se poi all’improvviso il sole la rischiara e appare sotto una luce radiosa e brillante.

 

Il colore situa fin da subito il suo legame “ecologico” con l’ambiente relazionale, proponendo un linguaggio , favorendo o inibendo contatti sociali, rimandando a istanze e risonanze più profonde e meno consapevoli da parte del soggetto.

Come psicoterapeuta della Gestalt e soprattutto come ideatore, insieme ad altri colleghi, della Gestalt-ecology©,  sono attento alla costruzione di una “buona forma” nel processo terapeutico intrapsichico che nelle relazioni interpersonali.

In modo altrettanto importante ritengo il colore/i colori che entrano nell’incontro con l’altro, colori indossati, menzionati, visualizzati o metaforizzati, come i “segnali” di vissuti personali e stati emotivi, nonché di “significati” più profondi e spesso inconsapevoli che danno appunto “colore”  alla manifestazione del proprio “esserci” e alla qualità del “con-esserci”.

 

La formulazione dei “campi del sé” ©, segue e si adatta al codice cromatico, e in particolare alla scala dell’iride: così il livello base, più materico, il campo biologico, senza il quale non possono esistere altri “campi del sé”, è di colore rosso che rimanda alla vita, mentre al suo opposto il campo trascendente, eterico e pressoché inafferrabile, è di colore violaceo risuona di spiritualità.

In mezzo ci sono tutti gli altri “campi del sé” che si colorano seguendo l’iride: intrapsichico è arancione: energia, relazionale è giallo: sapere, comunitario è verde:armonia,  socio-culturale è blu: comunicazione, storico è indaco: intuizione.

 

Colore e percezione

 

“Un metro quadrato di blu è più blu di un centimetro quadrato dello stesso colore” H. Matisse

 

Il colore è la percezione di una ristretta banda di onde elettromagnetiche che colpiscono la retina; tale banda è compresa tra 400 e 700 nanometri circa.

Questa, tutto sommato recente, scoperta di Newton,  ha aperto la strada agli studi fisici sulla scomposizione della luce,  seguiti poi da quelli neurofisiologici sul formarsi dei colori nella visione umana e sulla relazione tra luce, occhio e cervello.

Ma gli studi neurofisiologici non esplicitano tutte le valenze del vissuto cromatico delle persone.

Infatti la natura fisica del colore non aderisce completamente all’esperienza percettiva, essendo quest’ultima una funzione psichica.

Mentre Newton pone i colori in un continuum lineare: dal rosso al viola, Goethe li colloca all’interno di un cerchio dove il rosso si trasforma in viola e poi in azzurro.

I modelli di Newton e Goethe sono incompatibili; il primo risponde ai canoni oggettivi delle scienze fisiche, il secondo riflette l’esperienza soggettiva di cui si occupano le discipline psichiche.

La realtà cromatica non è solo funzione dell’oggetto percepito, ma anche del soggetto che percepisce.

Questo aspetto permette di avvicinarci all’esperienza del colore non solo in termini esplicativi, che tendono  a cercare risposte risolutive e direi definitive sulla percezione del colore, ma attraverso contributi da parte di altre scienze e discipline : antropologia, linguistica, storia dei colori, sociologia, psicologia e psicoterapia.

Si forma, così,  un quadro complesso che fa emergere significati culturali, emotivi e simbolici dell’esperienza cromatica.

 

Si può affermare che la percezione cromatica si è nel tempo modificata ed affinata sia attraverso processi fisiologici che culturali.

Studiando numerose lingue due ricercatori – Berlin e Kay 1969 –  hanno rinvenuto la coppia primordiale dei colori: chiaro e scuro, mai uno solo ma entrambi contemporaneamente!

Due colori abbastanza indefiniti che manifestano la presenza o l’assenza di luce. Il chiaroscuro riveste un aspetto primitivo anche secondo alcuni psicologi studiosi e interpreti del test di Rorschach: “le Clob (cioè il chiaroscuro), basate sulla distinzione primitiva tra chiarore e oscurità, generalmente la più antica delle distinzioni visuali, sono l’indice di uno psichismo troppo influenzabile nel senso della disforia (stato depressivo associato a malumore e ad una irritabilità aggressiva) e come tale di una grande importanza”,  e ancora: “ Clob uguaglia una reazione primitiva  – la distinzione tra il chiaro e lo scuro – ciò che ci spiega senza difficoltà la sua più grande frequenza presso gli psicopatici” (M. Loosli-Usteri).

Dopo il bianco (chiaro)  e il nero (scuro), il terzo colore introdotto nelle lingue e  ritrovato dai ricercatori è il rosso; quarto il giallo o il verde, il quinto sempre il blu. Seguono poi gli altri colori che però non hanno una etimologia propria, ma sono tratti da nomi di forme naturali o umane colorate e poi diventate riferimenti cromatici: arancione, viola, marrone, ecc.

La differenziazione semantica dei colori procede con la differenziazione percettiva: in pratica più è affinato il sistema linguistico che definisce i colori più è evoluto il sistema neuropercettivo che li coglie.

Da un punto di vista fisiologico sembra che il processo evolutivo abbia permesso la costituzione di un apparato visivo maggiormente ricco di coni  e bastoncelli che sono i recettori della luce e della sua scomposizione in colori nell’occhio umano, oltre alla consolidata importanza della corteccia cerebrale e la specializzazione dei centri ottici del sistema nervoso.

 

La percezione dei colori è soprattutto fortemente influenzata dal contesto di vita, dall’ecosistema di appartenenza.

La molteplicità terminologica che gli Esquimesi danno al bianco, come i Maori danno al rosso, e gli Yanomami della foresta amazzonica al verde,  testimoniano come la specializzazione del “vissuto” cromatico sia indivisibile dall’adattamento creativo dell’uomo al suo contesto.

Nella nostra società occidentale e consumistica la percezione dei colori si è da tempo sganciata da un sistema di orientamento spaziale e di riconoscimento di ciò che c’è nell’ambiente fisico-naturale ai fini della sopravvivenza, ma anche per noi cittadini del XXI° sec. costituisce un impatto ben diverso una miscela di colori caldi e avvolgenti da ambienti connotati da un grigio distacco!

Nelle stanze della psicoterapia il colore assume una valenza molto particolare. In questo luogo  il paziente, sosta per molte ore della sua vita, e quindi l’attenzione ai cromatismi ambientali – mai troppo violenti (dosare i rossi e gli arancioni!) ma neanche asettici (perché non ci si sforza di rendere più accoglienti gli ambulatori pubblici?)  – è necessaria per accogliere e per far percepire alle persone la possibilità di rilassarsi e di sentirsi contenute.

Anche i pazienti, o clienti, portano con sé un messaggio cromatico attraverso il colore dei propri vestiti e dal “colorito” del viso che manifesta i vissuti emotivi e l’umore della persona, aspetti che il terapeuta registra e tiene in considerazione.

Durante un percorso di psicoterapia si assiste, spesso, al passaggio nell’abbigliamento del paziente da colori scialbi e/o scuri a colori vivaci e/o definiti, e un cambiamento ancor più radicale avviene nel volto del paziente che diventa più luminoso e solare.

 

Colore:  linguaggio, emozione, simbolo

 

“Penso spesso che la notte sia più ricca e più viva di colori del giorno”

  1. Van Gogh

 

Tre aspetti rappresentano il rapporto tra la psicologia e il colore: il linguaggio, inteso sia come codice visivo – linguaggio cromatico – sia come metafore cromatiche; il colore come attivatore di affetti e sentimenti; il colore che rimanda a simboli inconsci.

Fin dall’antichità, vedi la storia sociale dei colori di M. Pastoureau, le diverse utilizzazioni cromatiche acquisiscono un proprio codice, con significati che in particolar modo in epoca medievale si sono via via stratificati soprattutto grazie all’araldica e che oggi continuano a sopravvivere nei colori delle squadre di calcio e delle bandiere nazionali.

Il codice cromatico a cui siamo inconsapevolmente abituati e che ritroviamo in contesti diversi: il rosso che ci segnala il pericolo, lo stop e che in modo più allargato richiama l’attenzione, oppure il blu che è utilizzato per trasmettere sensazioni ed emozioni di sicurezza – vedi le divise della polizia  – circoscrive significati psicologici e convenzionali accreditati e sovradeterminati culturalmente.

Ma se gli studiosi sono concordi nel dire che i colori racchiudono un significato psicologico,  si dividono poi  sul significato specifico di ciascun colore nelle diverse situazioni.

Il significato dei colori sembra dipendere da situazioni ambientali – vedi la posizione di valore del bianco nella nostra cultura, il nero nella cultura africana, il giallo in quella cinese – da tradizioni locali, da vicende tecnologiche, ecc. fino all’affermazione dello stesso Pastoureau : “i colori non hanno un senso, hanno solo delle utilizzazioni”.

 

Di fronte a tanti possibili interpretazioni del linguaggio cromatico occorre ricordare l’affermazione di Kandinsky  per il quale il colore “è un mezzo per stimolare direttamente l’anima”, e ancora “l’armonia dei colori è fondata su un solo principio l’efficace contatto con l’anima”.

Pur essendo vincolata da determinanti di tipo socio-storico-culturali, di cui occorre tenere conto, il significato del colore va inteso come un evento rivelatore di una dinamica emozionale profonda che dipende dalle caratteristiche personologiche del soggetto.

La “tavolozza cromatica interna” dipende non solo dal nostro modo di percepire i colori esterni, ma anche dalla nostra specifica modalità di rivisitare emozionalmente gli stessi nel vissuto interno.

In genere le associazioni colori-emozioni sono tendenzialmente piacevoli o spiacevoli; colori caldi: aggressivi, irrequieti, stimolanti, positivi; colori freddi: scostanti, riservati, tranquilli, sereni, negativi.

Ma occorre stare attenti poiché i colori vivaci non implicano  necessariamente vivacità emotiva: è nella relazione tra  colore, vissuto interno e storia del soggetto che si può evincere il significato psicologico soggettivo del colore.

Per alcuni studiosi, inoltre, per valutare la risonanza emotiva di un colore occorre valutarlo nei diversi contesti associativi rispetto ad altri colori: attraverso dinamiche cromatiche.

 

I colori entrano nella comunicazione quotidiana e nella comunicazione terapeutica anche attraverso espressioni metaforiche che coniugano stati d’animo, che non si riescono a focalizzare in modo più preciso.

La frase “sei sbiancato come un lenzuolo”, per esempio, allude ad un repentino cambiamento del soggetto che evoca il pallore improvviso del volto, richiamando in causa emozioni come l’ansia, la paura, lo stupore catastrofico.

Altre frasi  molto comuni che connotano il nostro linguaggio quotidiano possono darci indicazioni sul fondere il colore citato con le emozioni e i sentimenti  provati: “sono arrabbiato nero” dove il sentimento di rabbia si miscela a un non vedere la luce, a rabbuiarsi;  si distingue dalla frase “sono livido di rabbia” dove è presente una componente sanguigna che vuole sfogarsi ; oppure l’affermazione fenomenologica “sei diventato rosso come un pomodoro”  che può indicare vergogna, timidezza, imbarazzo, incapacità.

Accanto a queste frasi esperienziali, ne troviamo altre che sono più proverbiali : “verde è speranza” oppure “giallo è gelosia”.

Pur nella supposta banalità di questi modi di dire si nascondono significati che appartengono all’archetipo del colore, “costellazione” che prevede una bidirezionalità: allora il verde è il colore della ripresa della vita nella natura, colore quindi della speranza; mentre la caratteristica biliare, nella sua direzione “negativa”, del giallo lo fa avvicinare, a sentimenti pervasivi e brucianti come l’invidia e la gelosia.

 

Già Goethe nella “teoria dei colori” aveva individuato l’azione sensibile e morale del colore per cui la vista di un colore o di un abbinamento di colori genera un’azione, oggi diremmo un vissuto, che ci influenza in modo diretto.

In relazione all’azzurro, per esempio, Goethe scrive: “Come colore è un’energia e tuttavia, trovandosi dal lato negativo è per così dire della massima purezza, un nulla eccitante. Esso è nell’aspetto, una contraddizione composta di eccitazione e di pace”; e passando dalla descrizione al vissuto cromatico Goethe afferma: “Come vediamo azzurri il cielo alto e i monti lontani, così anche una superficie azzurra sembra arretrare davanti a noi”  e ancora “…guardiamo volentieri l’azzurro non perché ci aggredisce, ma perché ci attrae a sé”.

Goethe riprende in termini moderni lo studio dei colori come depositari di profonde evocazioni  emotive che rimandano a simboli inconsci.

“I segnali-colore costituiscono una lingua emozionale che è compresa a livello inconscio”, così si esprime Max Lüscher che parla di un significato oggettivo del simbolismo cromatico, che fa riferimento a caratteristiche intrinseche.

Ciascun colore inteso come simbolo – dal greco symballein cioè mettere insieme – racchiude due o più significati, è un contenitore di opposti: così il nero, per esempio, assenza di luce, colore delle tenebre, del male e della distruzione in molte civiltà e in tanti racconti mitologici, è anche il colore assoluto, impeccabile e irreprensibile: nell’araldica è il colore del diamante; il simbolo del nero va dall’indifferenziato all’inconoscibile, dall’inconsapevolezza al mistero.

Si può, quindi, dire che da un lato ci sono simboli associativi, cioè segnali e simboli culturali che trovano il fondamento in una associazione di contenuti, dall’altro si fa sempre riferimento a  simboli emozionali universalmente comprensibili che trovano fondamento a livello psicofisiologico: i simbolismi associativi sono manifestazioni  ed espressioni del simbolismo emozionale.

Le differenze socio-culturali o le preferenze individuali non negano la dimensione archetipica del colore ma indicano che accanto a un significato “oggettivo e universale” , c’è poi un atteggiamento personale nei confronti di questi significato che è “soggettivo e relativo” (Lüscher).

 

Colore e terapia

 

“I profumi, i colori e i suoni si rispondono” C. Baudelaire

 

Le virtù terapeutiche dei colori sono conosciute e applicate fin da gli antichi Egizi .

La medicina tradizionale ricorreva all’uso dei colori per prevenire e curare malattie organiche, psichiche e psicosomatiche attraverso l’azione apotropaica degli stessi.

Così nei paesi orientali il colore turchino preservava dal male, ma nel contempo veniva utilizzato come antisettico oppure in India le ferite venivano fasciate con bende color indaco per accelerarne la guarigione.

Queste pratiche, considerate per molto tempo manifestazioni occulte, trovano oggi una verifica scientifica ed una validazione sperimentale che le scienze ermetiche dell’antichità non potevano avere.

Recenti scoperte hanno dimostrato grazie alla teoria dei “biofotoni”, che luce colorata a bassissima intensità viene emessa dalle cellule e costituisce un rapido mezzo di comunicazione infracellulare: visto che tutto l’organismo, come tutto l’universo è vibrazione, fasci di onde, allora l’utilizzo di colori, cioè impulsi elettromagnetici, ritorna come possibile  ed efficace terapia riequilibratrice dell’organismo.

Fototerapia, eritroterapia (cura con i colori caldi), cianoterapia (cura con i colori freddi), sono solo alcune delle tecniche, alcune innovative altre riprese o utilizzate in sinergia con la medicina orientale, che rientrano nel più ampio contenitore della “cromoterapia”.

Il colore può essere assorbito in vari modi: attraverso la luce solare, attraverso l’alimentazione (mangiare a 5 colori), attraverso l’irradiazione con la luce artificiale, (vedi la cura per forme depressive appunto con luci artificiali), attraverso la meditazione dei colori (tecnica già citata da Goethe).

La stretta interrelazione tra psiche e soma ci indica che il vissuto del colore è collegato a effetti fisiologici.

Attraverso alcuni esperimenti si è notato che il toccare superfici di colore giallo induce un movimento centrifugo di allargamento, mentre tastando una superficie blu il soggetto tende a ritirare le braccia in un movimento centripeto di chiusura (attenzione ad usare il colore giusto in situazioni intime!).

Ma ancor più in modo stringente esperimenti sulla fotografia della luce assorbita dal corpo (Kirlian, Torrice, esperimenti del Pentagono) indicano come ogni organo si colora  in modo univoco: per es. il rosso negli organi sessuali, l’arancio nel fegato, il giallo nel cuore, il verde nella gola, il blu negli organi di senso, il violetto nel cervello. In presenza di malattia lo spettro cromatico appare carente proprio di quel colore dell’organo ammalato.

 

Da un punto di vista prettamente psicologico e psicodiagnostico il colore, che è ormai accertato dona spessore emotivo all’esperienza, è una porta di accesso per studiare la personalità del soggetto e per definirne alcuni tratti.

Il passaggio al colore rappresenta il risveglio dell’affettività e dell’emotività, e nel  test di  Rorshach – 5 tavole colorate: 2 bicromatiche + 3 pluricolorate – indaga aspetti relativi alla modalità del soggetto di rispondere alle sollecitazioni affettive ed emotive provenienti dal contesto di vita, più o meno adeguate : dalla coartazione all’esplosività.

Jung ha affermato che ”la presenza di colori nell’espressione soggettiva  testimonia la partecipazione della persona alla dimensione emotiva dell’esperienza che sta vivendo” e ancora “la totalità dei colori è immagine della totalità psichica”.

 

Altri test psicologici indagano la relazione tra il soggetto e il colore: il test di Pfister o della Piramide del colore e il test di Navarro “che consta di una serie di figure da colorare e che si fonda sull’assunto  che la percentuale dei colori usati esprime la componente affettiva” (Widmann), ma soprattutto il test di Lüscher.

Il test di Lüscher non è né verbale, né cognitivo, si basa sulla scelta immediata e intuitiva di colori che vengono presentati alla persona.

È perciò è applicabile in qualsivoglia condizione. Si basa su 8 test singoli indipendenti l’uno dall’altro (gradazioni di grigio con 60 variabili, test degli otto colori con 224 variabili,  forme con 210 variabili, 4 colori fondamentali con 24 variabili, gradazioni del blu con 24 variabili, gradazioni del verde con 24 variabili, gradazioni del rosso con 24 variabili, gradazioni del giallo con 24 variabili).

Ciascuno di questi sub-test misura una caratteristica della personalità del soggetto; per es. le gradazioni del grigio definiscono lo stato attuale dell’atteggiamento di fondo (umore), il rosso: attività e comportamenti stressanti, il verde: controllo della volontà e capacità di sopportazione.

Il T. L. misura  lo stato emotivo regolato dal sistema neurovegetativo nei diversi settori della personalità. Perciò è un metodo psicodiagnostico particolarmente adatto per ricerche psicosomatiche e secondo una ricerca scientifica (1980 Yale University) è l’unico test dove i risultati dell’analisi del sangue coincidono con quelli della scelta dei colori.

Lüscher definisce 4 strutture di fondo che corrispondono ai 4 colori base – Lüscher: blu, verde, rosso, giallo .

Il tipo blu – Lüscher, ricettivo – costante, esprime simpatia, lo sguardo dolce a volte velato di tristezza, la testa leggermente inclinata in posizione di ascolto.

Il tipo verde- Lüscher, direttivo – costante, sottoposto ad un aspetto tensivo, statico e bilanciato; sguardo indagatore, sorriso a denti stretti, corpo slanciato, spalle sollevate.

Il tipo rosso – Lüscher, direttivo – variabile, ha propensione per l’azione, gli sport, la musica ritmata, la danza, la competizione, di fare esperienze intense.

Il tipo giallo – Lüscher, ricettivo – variabile, ha un intimo desiderio di libertà, desiderio di sciogliersi e di sfogarsi attraverso attività fisica, con sguardo aperto e loquela vivace.

La terapia del colore a livello psicologico può applicarsi attraverso diverse modalità.

Il colore può diventare un codice di lettura degli spazi comuni e individuali in strutture sanitarie e in particolar modo è stato utilizzato in cliniche per malati di Alzheimer, per es. il colore dei piani orizzontali deve dare un senso di solidità e sicurezza, oppure i colori delle porte della zona giorno devono essere dello stesso colore della parete per Ma l’utilizzo sociale del colore può essere anche a livello simbolico: in un carcere inglese l’aver dipinto le pareti di rosa (colore che rimanda al perdono) ha fatto diminuire gli episodi di aggressività tra i detenuti in modo considerevole.

La tecnica della meditazione sul colore rifiutato o non accettato, già introdotta da Goethe,  è  oggi riproposta dal Dr. Paolelli in sinergia con l’utilizzo dei fiori di Bach  e delle affermazioni positive (vedi “Le qualità dell’anima”).

La visualizzazione del colore, che richiama un’emozione inconscia o preconscia  non accettata o esclusa ( prima osservando il colore ad occhi aperti e poi immaginandolo ad occhi chiusi),  permette al soggetto di entrare in confidenza con esso, di farsi permeare dal colore-simbolo rifiutato e a iniziare, prima a livello inconscio e poi consapevole,  ad accettare tale cromatismo , riequilibrando così la propria psiche.

La stessa finalità è raggiunta attraverso una tecnica di biorisonanza definita audiocolor: in questo caso il colore rifiutato viene somministrato al paziente attraverso onde sonore.

Sogno e colori, sognare a colori

Per concludere posso dire che come psicoterapeuta della Gestalt  il  colore assume  nel processo terapeutico un ruolo di mediatore di emozioni profonde che se consapevolizzate guidano il cambiamento del paziente: ciò si manifesta soprattutto nel sogno.

Nel sogno appare il valore simbolico del colore si evidenziano gli aspetti archetipici del colore che vanno al di là delle connotazioni diurne.

Nel sogno i contenuti e l’immagine cromatica si fondono creando un unico elemento che dà spessore emotivo al vissuto onirico.

Il sogno di Daniela. Racconta in seduta un sogno ricorrente, ripetuto fin dalla prima infanzia: “c’è un qualcosa, un turbinio di colore nero, blu, scuro che la prende la solleva, la trascina” lei sa in modo lucido che questo sogno ha a che fare con sua madre, ed ora che in psicoterapia stiamo affrontando il rapporto tra lei e sua madre, vissuto da lei in modo abbandonico, il sogno si ripresenta.

Il sogno di Maurizio: “ lui è in un ospedale militare, è nel letto sotto un lenzuolo bianco; vede girare intorno a sé belle infermiere vestite di bianco ma con un rossetto rosso vermiglio che spicca e che attrae il suo sguardo”. Qui è il contrasto tra il  bianco (innocenza?, assenza di stimoli?) e il rosso che risveglia l’erotismo e la vita, a creare un movimento emotivo che può aiutare Maurizio a risollevarsi dal suo  stato depressivo e privo di un vero desiderio.

 

Cogliere i tanti  colori e le  infinite “sfumature” nella natura e nelle persone,  che corrispondono ad altrettanti emozioni e sentimenti, ci permette di vivere una vita sana, piena e autentica.

Pesaro, 16 marzo 2009                                                         Andrea Bramucci

 

 

Bibliografia di riferimento

Bramucci a., “Il destino in Gestalt therapy”, in AA.VV., L’implicito e l’esplicito in psicoterapia, FrancoAngeli;

Goethe J. W., La teoria dei colori, Il Saggiatore;

Itten J., Arte del colore, Il Saggiatore;

Lüscher M., La diagnostica Lüscher, Astrolabio;

Lüscher M., Il test dei colori, Armando Editore;

Paolelli E., Le qualità dell’anima, Tecniche nuove;

Widmann C., Il simbolismo dei colori, Magi Editore.

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