Ecco…ancora qualche istante …sì, sono collegato! Una ormai nota e insistente musichetta mi avvisa che ho ottenuto l’accesso a: “Internet”
Un mirabolante mondo si apre davanti a me: colori, notizie, musica, e tanto altro ancora a mia completa disposizione. Posso entrare e uscire dai siti a mio piacimento, posso cercare informazioni su argomenti professionali o stravaganti, posso inviare messaggi lontano nel mondo, posso – dalla penombra della mia stanzetta – scrutare indisturbato immagini e parole che, forse, mi imbarazzerebbero in “pubblico”, posso…e so che anch’io mi sono impigliato nella rete!
Ho imparato un nuovo linguaggio: web, e-mail, mp3 e tanti altri nuovi vocaboli, di solito in inglese – lingua della ormai avvenuta globalizzazione – o per meglio dire in quel “broken english” (che oltre ad essere una lingua parlata in alcuni paesi africani già colonie) può essere dal mio punto di vista il nome metaforico della generica lingua che si utilizza – per capirsi? – tra genti che avrebbero tante cose da condividere ma che per ora si scambiano solo merci.
INTERNET E’ UNA PAROLA MAGICA
Lo devo ammettere. Sono rimasto affascinato dalla possibilità di questo nuovo mezzo; rimango stupito a osservare le immagini che provengono da lontano e da perfetto ignorante delle tecnologie informatiche e telematiche mi domando come ciò possa avvenire.
Come un bambino resto abbacinato dai colori definiti e lucenti – come mai la televisione nostrana non è mai riuscita a fornire documenti e programmi con questa qualità di immagini? – dalla velocità dei contatti tra i siti – ci stanno promettendo che tra pochissimo si andrà dieci volte più veloci – dalla quantità di cose che possono essere contenute e “scaricate” dalla rete – siamo alla fine della cultura cartacea? sarebbe un bene per le foreste pluviali!
L’invocato futuro è qui con noi. E questo oltre ad essere un luogo comune molto frequentato, oggi che siamo appena entrati nel terzo millennio dell’era cristiana, è soprattutto un sentimento o meglio un sentimento composito con toni a volte esaltanti, a volte stressanti, altre volte con sfumature di timore e quasi un leggero panico.
Certo la consapevolezza di molti (ed anche mia dato che ho resistito a lungo prima di cedere alle nuove tecnologie) è che attraverso la dotazione di questi nuovi strumenti – anche se internet esiste già da circa 30 anni sotto altri nomi – si può continuare ad essere competitivi e in relazione con il “mondo”; al di fuori di ciò la “marginalizzazione” – ancor più per chi è già ai margini – è solo questione di tempo, forse di qualche mese.
Internet è una parola magica. L’ho potuto constatare ad una selezione per un corso, dove tra tutti i contenuti e gli argomenti della formazione solo internet catalizzava l’interesse dei più: come necessità – “non se ne può più fare a meno” – e come destino – “dobbiamo adeguarci per…”.
Ed è solo attraverso la parola magica di internet che milioni di italiani si sono avvicinati alle nuove tecnologie – anche se la “piega” che sta prendendo il mercato è quella (soprattutto in Italia) di bypassare il circuito informatico e proporre la “rete” su tv.
La diffusione di internet e delle tecnologie telematiche porta con sé tutta una serie di problemi e domande.
I problemi sono relativi all’oggetto e alla sua utilizzabilità perché sempre di “cosa”, benchè raffinata, si tratta: per fare un esempio con internet ritornano problematiche etiche sopite e mai risolte.
Le domande sono: quali corde della ragione e della immaginazione umana sono state toccate da questo incredibile meccanismo figlio dell’era globale? Dov’è la fortuna di internet? Quale stile di vita ci propone?
La continua ricerca di significati sui quali riconoscerci e confrontarci mi spinge a porre queste ed altre domande alle quali io credo di non avere risposta.
TECNOLOGIA E FELICITA’
“Le nuove tecnologie stanno cospirando per la nostra felicità. Nei prossimi anni la qualità della vita sarà destinata a migliorare. Ci sarà più tempo libero per tutti, se saremo capaci di approfittarne”: così si esprime il sociologo De Masi nella ricerca “Il 2000 secondo me” (La Repubblica 29/09/1999).
La frase citata unisce – o connette per usare una terminologia di rete! – due aspetti della vita dell’uomo: la tecnologia – che è il livello di organizzazione della società e la diretta materializzazione del “progresso scientifico”; e la felicità che è un particolare vissuto esistenziale soggettivo denso di esperienze/stati d’animo, molto poco misurabile e quantificabile anche nell’epoca dei “dati” e della “qualità totale”!
Cercando esempi nella storia più o meno recente l’equazione: + tecnologia = + felicità non ha riscontri certi, anzi!
Forse,si dovrebbe riaprire un “obsoleto dibattito” non tanto sui perché della tecnologia, ma sui come della stessa: ma passata la “foga rivoluzionaria” degli anni settanta, oggi non è più trendy dialogare su certe cose: il tempo serve per infilarsi velocemente in (nuove?) dimensioni telematiche, o al più per “chattare” – e già nell’onomatopea di questa parola c’è tutta la sua inconsistenza – con interlocutori ben riparati dietro uno schermo ed una password.
Oggi certamente, in modo esattamente “polare” a quella criticità snervante di alcuni anni fa, non ci si può permettere di stare fuori dal grande giro di internet, troppi interessi, troppa tecnologia, ed anche la Scuola italiana, con i genitori scalpitanti e richiedenti (esperienza personale nella scuola elementare dei miei figli) ha iniziato la campagna di alfabetizzazione informatica e telematica facendone il vessillo della nuova civiltà, e guai a contraddirli!
Tutto così razionale, così chiaro e con futuribili sviluppi sempre più affascinanti e, al di là dell’ironia, certe “possibili utilizzazioni”(vedi il telelavoro) della telematica sono sicuramente da valorizzare.
Ma, tornando al nostro argomento, la felicità cosa c’entra con tutto ciò?
Io non so a quale tipo di felicità ci si riferisse nella frase citata, ma ritengo che, per es., il mondo di internet attualizza due profondi desideri umani: da un lato il continuo bisogno di cambiare e di trovare stimoli durante il proprio operare, e su questo internet è davvero imbattibile.
Certo sono stimoli virtuali quasi onirici e come tali ci trasportano loro.
Noi partiamo da un’idea, una sensazione, un vago interesse poi nella navigazione ci imbattiamo in tante avventure, in tanti condottieri che ci portano oltre… seguendo, magari per ore, un percorso sconosciuto, un sogno, uno strano ma avvincente sogno!
E allora la felicità si presenta sottoforma di continua ricerca del nuovo, di curiosità insaziabile: una felicità istantanea, legata anche ad un senso di poter scegliere – i siti raggiungibili sono praticamente infiniti.
Ed è proprio la “libertà illimitata” il secondo desiderio attualizzato. La libertà è stata la forza propulsiva dell’espansione di internet: attraverso l’accesso alla rete – certo prima occorre un po’ di materiale e strumenti informatici…non proprio a buon mercato! – , libertà di “pubblicare” ciò che si vuole – ma siamo sicuri che vada tutto bene?, anche per sbaglio ci si imbatte in siti abbastanza schifosi… – libertà di spaziare in lungo e in largo per la “rete” – con una perdita del senso di realtà che ci impone sempre dei limiti…; è, quindi una libertà reale o forme di pseudolibertà ?
IL DISAGIO TECNOLOGICO
Avevo dieci anni ed era il 1969 quando mio padre decise di applicare al televisore di casa il secondo canale RAI.
Il televisore con i suoi “valvoloni” faceva un po’ le bizze nell’accettare il nuovo intruso. Poi occorreva aggiungere un braccio all’antenna televisiva per ricevere le trasmissioni.
Ricordo la soddisfazione di mio padre per avere adeguato la nostra “vetrina sul mondo” nonostante l’esiguità dei tempi di trasmissione – poche ore al giorno – e della quantità dei programmi – telegiornale e poco più – per allora andava bene così, e poi c’era il primo canale!
Altri tempi, certo. Sicuramente più ingenui, e tra tutte le invenzioni e le scoperte che si fantasticavano per il fatidico 2000 – era un genere letterario molto in voga all’epoca – internet non c’era, e neanche tutti gli altri strumenti della “comunicazione” (tornerò su questo termine) globale: telefoni cellulari, TV internazionali, etc.
Visti in retrospettiva questi trent’anni sono stati un susseguirsi frenetico di innovazioni sul versante della informazione, dell’immagine e della proliferazione di strumenti per “contattare”, per “occupare” il tempo libero o per lavorare.
Inizia una rincorsa per adeguarsi in modo sempre più veloce ai nuovi mezzi tecnici – e c’è chi può per finanze e per cultura, e chi no! – ,c’è una necessità imperante di acquisire i nuovi linguaggi informatizzati – macchina da scrivere? No grazie! – ,si espande una sensazione di eccitazione per le continue novità e nello stesso tempo di estrema precarietà: oggi uno strumento è valido e competitivo ma domani? nel senso del giorno dopo – tutta l’attrezzatura telematica ed informatica ha una vita e un prezzo istantaneo.
Tutto ciò produce – certamente in me, ma non credo di essere il solo! – vissuti di inadeguatezza, disagio, inquietudine.
Sì l’inquietudine, di chi ha vissuto in altre stagioni ed ora si trova a dover fare i conti con nuovi e sconosciuti “feticci”.
Ma l’inquietudine e il disagio è soprattutto di coloro che “maneggiano” le nuove tecnologie e forse consapevolmente sanno già di avere perso in partenza, in quanto la capacità di incidere su di esse è praticamente nulla.
I segnali di questo disagio provengono da più parti. Nelle ultime settimane è un continuo moltiplicarsi di articoli sui quotidiani nazionali.
Il succo di molti discorsi può essere a mio avviso – e mi assumo il rischio di risultare riduttivo – questo:”utilizziamo internet e le altre “diavolerie” moderne ma…continuiamo a comportarci come uomini e donne sensibili ed, inoltre cerchiamo di evitare che gli strumenti tecnologici creino danni o ulteriori divisioni tra e all’interno dei popoli” :un discorso di buon senso, chi non è d’accordo? e poi…come si mette in pratica?
EMOTICON
Se la storia prende un certo corso sicuramente ci sono motivi ben precisi.
Se la tecnologia e l’economia hanno dilatato il campo della “comunicazione” – intesa come mezzi o apparati di… – , ciò ha un significato. Gli “oggetti” rispondono, spesso in modo indiretto, a bisogni molto sentiti e fondamentali per le persone.
Al di là dei veri o falsi, poco importa, boom borsistici, oltre le spiegazioni razionalistiche, ma poco rassicuranti, dei “cantori” della nuova era, la internet-mania – insieme alla telefono-mania: fenomeno più vicino alle abitudini storiche degli italiani ma non per questo meno importante socialmente – sottolinea il bisogno di incontro e di comunicazione tra le persone.
Forse stiamo diventando più bravi a parlare stringendoci il telefonino – che diminutivo affettuoso! – all’orecchio piuttosto che esprimere direttamente alla persona interessata il messaggio voluto – chissà cosa potrebbe succedere! – ; sicuramente è più rilassante far parte di un newsgroup tramite internet che frequentare noiosi e ripetitivi gruppetti di provincia.
Nell’era delle informazioni invadenti e dovunque presenti, nell’era della cosiddetta comunicazione globale stiamo perdendo la capacità di dire e di “sentire”: i mezzi tecnici sostituiscono le nostre funzioni percettive ed espressive.
Il nuovo linguaggio impone i propri “segni”: i frettolosi “come stai” o paradossalmente le lunghissime confessioni telefoniche per occupare tempi di attesa.
Nel linguaggio telematico ecco pronti gli emoticons, piccoli segni grafici sostituti di quelle emozioni così imbarazzanti e poco accettate socialmente.
Ma una relazione può essere considerata tale se io sono con “l’altro” oltrechè nello stesso tempo – aspetto assicurato dai nuovi mezzi tecnici – anche nello stesso luogo: io posso vedere e sentire lui – o lei – lui può sentire e vedere me.
Internet e gli altri mezzi mediatici riverberano – dal mio punto di vista – il bisogno di avere amici, di scambiare idee ed opinioni, di innamorarsi, magari per davvero!
Eccoci noi uomini del 2000 capaci di utilizzare i più raffinati strumenti tecnologici, di elaborare strategie costruttive pressochè perfette, eccoci di nuovo incastrati nel vecchio “adagio” delle relazioni umane e del loro possibile “trattamento”.
Ecco dove il mezzo estrinseca tutta la sua potenza e dove allo stesso tempo l’individuo percepisce tutta la sua solitudine ed impotenza.
L’uomo nel suo scacco esistenziale è così, di nuovo, l’attore principale – non il fruitore o il cliente: brutti termini! L’uomo con i suoi bisogni, magari piccoli piccoli e a volte meschini,è lì a rincorrere attraverso la tecnologia un benessere personale e di relazione con “l’altro” e con sé stesso…
Sono solo in casa. I figli a scuola, mia moglie al lavoro, che faccio? Non ci sono amici disponibili tra i pochi che ho…sono tutti indaffarati…mi collegherò in internet e così passo un po’ di tempo…, troverò notizie interessanti…, ascolterò musica…
ANDREA BRAMUCCI
*pubblicato su “Rocca”