La condizione del genitore tossicodipendente è spesso una problematica non vista dai servizi e dagli operatori per un determinato approccio al tossicomane. Come se la funzione genitoriale non facesse parte della storia personale del soggetto tossicodipendente, della sua realtà ma anche delle sue potenzialità, come se lo sguardo su questo soggetto fosse vittima di un processo di schiacciamento, in virtù del quale l’operatore risultasse non in grado di vedere la storia personale, la persona dietro la tossicodipendenza.
In particolare vi è una resistenza ad associare condizioni come la maternità e la tossicomania: condizioni agli antipodi dell’immaginario collettivo. La prima evocativa di vita e di piena realizzazione della donna e che richiama al senso di responsabilità e di evoluzione, la seconda come immagine distruttiva e di arresto di sviluppo.
Il td si rapporta con la realtà attraverso comportamenti trasgressivi e autodistruttivi: che capacità ha di prendersi cura di un bambino? Che posto ha il bambino nella sua vita?
L’identità tossicomanica e l’arrivo di un figlio: ipotesi psicologiche
Alcune ricerche hanno definito i seguenti tratti di personalità del politossicodipendente: impulsività significativa, difficoltà nella gestione dell’aggressività,autocontrollo labile / ipercontrollo, affettività ambivalente, scarsa aderenza all’esame di realtà, difficoltà nell’integrazione dei processi percettivi e di pensiero; problematiche evolutive della personalità, immaturità e debolezza dell’Io, preminenza di aspetti narcisistici, dipendenza dall’altro/ scarso riconoscimento dell’altro.
Le donne tossicodipendenti, inoltre, risultano avere più problemi di ordine psicologico degli uomini, quali ansia, depressione, disturbi alimentari , hanno un basso livello di autostima, una concezione negativa di sé, sensi di colpa .
È notevole la proporzione di donne tossicomani che ha vissuto episodi di abuso psicologico e sessuale , sia di vecchia data che legati alla loro condizione attuale.
Queste caratteristiche non favoriscono certamente lo sviluppo di funzioni genitoriali e non facilitano l’aprirsi di quello spazio del prendersi cura che è imprescindibile per l’accoglimento del nascituro.
D’altronde a livello di coppia possiamo osservare che la coppia tossicomanica, per contrastare elevati livelli di angoscia, mantiene spesso rapporti fusionali o di tipo infermieristico, con possibili difficoltà per l’inserimento emotivo e relazionale del neonato; non è preparata ad affrontare tutti i compiti necessari a fornire un ambiente idoneo all’allevamento del bambino.
La coppia td delega, di solito ai nonni, la propria funzione genitoriale. I nonni sono così molto coinvolti nel rapporto con il nipote, invece che impegnati a rielaborare la loro relazione, spesso conflittuale, con il figlio/a tossicodipendente.
I figli dei genitori td sono spesso bambini precocemente adulti e a livello interpretativo si può dire che il bambino sembra incarnare il Super-Io del genitore td. Esiste già nel periodo pre-natale un’inversione dei ruoli tra madre e feto, per cui il feto è contenuto nell’utero materno, ma allo stesso tempo agisce da contenitore del sé materno. Nel periodo della latenza questa inversione di tendenza diventa molto più esplicita e il genitore reitera il suo comportamento trasgressivo, affidando il senso del limite ai rimproveri dei propri genitori o alle implorazioni del proprio figlio
Nel genitore td vi è un utilizzo del mettere al mondo un figlio del tutto simile all’utilizzo della sostanza stupefacente come tentativo di riempire il buco attraverso l’oggetto-bambino a cui il tossicomane attribuisce la funzione di ricostruire le parti vitali del proprio sé.
Nei genitori td si assiste ad una amplificazione dello scarto tra la rappresentazione che essi hanno dello sviluppo dei loro figli e il bambino reale. Infatti se la td è da intendersi come l’espressione di una patologia dell’identità e del narcisismo, bisogna considerare nel genitore td una difficoltà di investimento sul figlio con rappresentazione distorta o mancanza di rappresentazione oggettuale del figlio, vissuto come prolungamento narcisistico di sé.
In genere la td è associata alla trascuratezza più che al maltrattamento e i bambini trascurati possono sviluppare stili di attaccamento di tipo evitante caratterizzati da inversione dei ruoli, iperadeguatezza, autonomia, aspetti che possono farli apparire ad un primo impatto come bambini sufficientemente adattati. Si può parlare, quindi di un disturbo dell’attaccamento con inversione dei ruoli.
Ciò può contribuire insieme ad altri fattori all’insorgenza successiva nei figli di tossicodipendenti di altri disturbi psicopatologici quali: disturbo di condotta, depressione, disturbi da inibizione sociale.
La diade Madre/bambino in contesti tossicomanici
In Europa è cospicua la percentuale di donne td che hanno almeno un figlio e molte di esse sono ragazze madri.
In Italia le donne segnalate costituiscono solo il 6,6% del totale della popolazione td. Tra le altre cause le donne non si rivolgono ai servizi per il timore che i figli vengano loro sottratti, potendo essere messe in discussione le loro capacità genitoriali.
Una parte consistente del fenomeno appartiene al cosiddetto sommerso. Dato che il tasso di disoccupazione è molto elevato tra le donne td, aumenta la possibilità di assicurarsi una fonte di sopravvivenza attraverso l’esercizio della prostituzione (60% delle donne td in Europa EMCDDA, 2000).
Dall’osservazione di un gruppo di madri in una comunità terapeutica per madri td e figli si è potuto osservare:
1)l’intensità della dipendenza del neonato dalla madre crea stati di forte angoscia ed impotenza tali da tradurre l’incapacità a soddisfare i bisogni del figlio in comportamenti di distanza emotiva o di esplicito rifiuto, vengono osservate condotte di accudimento vuote, stereotipate e povere di scambio emotivo;
2) a volte la funzione materna si è ridotta e impoverita nell’esercizio ossessivo di un solo compito, esercitato in maniera ripetitiva e quasi sadica, come se l’azione reiterata potesse controllare la molteplicità dei bisogni del bambino;
3) gli stili di attaccamento più frequentemente osservati sono evitanti e disorganizzati; i bambini presentano una sorta di adattamento indifferenziato e di autarchia emotiva che li porta a non cercare attivamente il sostegno dell’adulto;
4) spesso i bambini all’ingresso nella struttura presentano un limitato livello di competenze cognitive, frequenti ritardi nello sviluppo del linguaggio e una generale incapacità ad organizzare il gioco in sequenze significative.
I bambini colpiti dall’esposizione alle droghe presentano disfunzioni nell’area della regolazione.
Sebbene i quadri specifici possano variare, questi bambini esibiscono stati comportamentali più depressi o labili se comparati con bambini non esposti. Si riscontrano, inoltre, processi attentivi limitati e modelli anomali di comportamento sociale e comunicativo.
Gli esiti evolutivi a lungo termine dei bambini colpiti dall’esposizione a droghe possono essere collegati alla qualità del sistema di mutua regolazione affettiva e comunicativa stabilita dal bambino con i suoi caregiver.
Tali processi comunicativi sono cruciali in quanto influenzano la capacità di regolazione di stato del bambino, senza la quale non è possibile la risoluzione dei compiti evolutivi di macrolivello dell’infanzia, quali il gioco sociale faccia a faccia o l’attenzione rivolta agli oggetti.
Nei processi di accudimento nei primi mesi di vita del bambino si osserva in modo particolare una
mancanza di contatto corporeo e una mancanza della ricerca di contatto con lo sguardo da parte della madre td.
Il bambino non ha paura dell’estraneo durante la fase dell’angoscia dell’ottavo mese poiché non riesce ad identificare con chiarezza le figure genitoriali di riferimento.
Il genitore td trasmette la propria carenza affettiva al figlio a fronte di un sufficiente accudimento pratico. Il genitore td è più centrato sulle proprie esigenze personali, non riuscendo ad essere più sensibile ed empatico nella relazione con il figlio.
In termini più generali si può dire che c’è una mancanza dell’attribuzione di sacralità alla vita dei bambini, i ruoli si confondono, la crescita non avviene gradualmente, ma per sbalzi, reazione agli urti , precoce adattamento all’esterno.
I figli di genitori td divengono, così, ben presto dei piccoli adulti: questo processo è prodotto sia dalle scarse interazioni nella relazione con la figura di attaccamento che dalla necessità della madre di utilizzare il bambino come base sicura invertendo la relazione parentale.
Questi bambini spesso hanno difficoltà a mantenere un senso unitario di sé.
Tale difficoltà è prodotta dall’instabilità nelle relazioni di accudimento, dalle possibili lontananze legate ad episodi di malattia, dalla presenza di varie figure adulte che ruotano intorno al bambino. Tale situazione produce isolamento sociale, accentuazione dei sentimenti di solitudine, di abbandono, di perdita e apre alla possibilità di rischio psicopatologico.
I figli di genitori sembrano essere vittime di un messaggio paradossale, sembrano portare avanti una profezia che si autoavvera, confermando le parti buone dei loro genitori al punto da assumersi un ruolo genitoriale con un appiattimento della dimensione transgenerazionale.
Come ci ricorda Bowlby: “Una madre che a causa di esperienze negative nella propria infanzia, cresce sviluppando un’angoscia di attaccamento, tenderà con più probabilità a cercare di essere accudita e di ricevere cure dai suoi stessi figli, in tal modo inducendo il figlio stesso a diventare angosciato, pieno di sensi di colpa e forse anche fobico”.
Famiglia attuale e famiglia di origine
Il td è privo di autostima e incapace di credere nella sua possibilità di svolgere adeguatamente una funzione paterna.
Quasi tutti i padri td devono portare il peso di un’eredità paterna estremamente conflittuale, perché assente o inadeguato (alcolista, violento, ecc. ). Quello tossicodipendente è un padre che dovrà imparare a contenere le angosce del proprio figlio, non avendo potuto vivere l’esperienza di un padre capace di contenere le sue. In molti casi emerge nel padre td un sentimento di esclusione dalla coppia madre-figlio.
L’esperienza genitoriale e le relazioni tra il bambino e la madre in primis e poi con il padre è certamente diversa a seconda del contesto familiare e della storia di td che sta vivendo la coppia .
In linea generale possiamo distinguere tre diverse tipologie di famiglie:
1)famiglie nelle quali la td risulta essere un’esperienza superata o in via di superamento, già adeguatamente rielaborata nel vissuto coniugale della coppia. La nascita di un figlio costituisce un elemento di conferma e di coronamento di quel sogno di normalità tanto faticosamente perseguito;
2) famiglie nelle quali la td è un elemento di perturbazione non ancora assorbito e che causa una modificazione sostanziale delle relazioni familiari; sono famiglie nelle quali la td costituisce un elemento di frattura perchè coinvolge uno solo dei due coniugi, per lo più il marito, la relazione genitoriale è spesso disturbata dal conflitto con il coniuge assente o dalle pressioni esercitate dai nonni;
3) famiglie nelle quali l’esperienza genitoriale viene ad inserirsi in un contesto fortemente problematico come ulteriore elemento di perturbazione; sono famiglie destrutturate in cui la td accomuna entrambi i coniugi e in cui la nascita di un figlio rappresenta una sorta di ulteriore detonatore.
In quest’ultimo caso, ma spesso anche nel secondo, il ruolo del bambino appare quello essere fin dalla nascita elemento-perno di una complessa rete di relazioni intergenerazionali tra genitori e nonni, in una sorta di circolo autoperpetuantesi , le cui conseguenze vengono negate attraverso vari meccanismi difensivi.
Mentre i nonni assolvono spesso ad un ruolo di supporto e sostegno, anche educativo, verso il bambino, il bambino diventa strumentale al rapporto nonni-genitori e ai loro sentimenti reciproci e viene alternativamente gestito dagli uni e dagli altri in funzione dei loro bisogni.
Si viene così a a creare un clima complessivo caratterizzato da confusione genitoriale e generazionale, competizione e ambivalenza, sentimenti di colpa e ricatti reciproci, rabbia e confusività.
Rappresentazioni di donne td in gravidanza
Lo studio delle rappresentazioni materne in gravidanza può fornire un indice di tipo predittivo sulla interazione madre-bambino ed anche sullo stile di attaccamento. La rappresentazione non ha un valore solo di tipo cognitivo , ma anche affettivo e può essere considerata una mappa interna – internal working model – che la donna possiede e che le consentirà di mettersi in rapporto con il bambino. È molto importante che in questo periodo la donna riesca a trovare dentro di sé la relazione con la buona madre, perché una rappresentazione materna positivale consentirà di potersi occupare con attenzione e capacità del suo bambino.
Attraverso alcuni studi sulle rappresentazioni di donne td durante la gravidanza sono emerse le seguenti autorappresentazioni: rigidità e resistenza al cambiamento; una ambivalenza nella rappresentazione di sé come donna: da un lato autopercezione negativa di sé e bassa autostima in quanto donna, dall’altro idealizzazione di sé come madre legata al desiderio di realizzare, attraverso la maternità, un senso di sé gratificante; tendenza a costruire l’immagine di sé come madre attraverso un’opposizione marcata alla propria madre; significative difficoltà nei processi di identificazione e di separazione che conducono al costituirsi dell’identità materna; tendenza da parte della madre ad investire il bambino del proprio progetto di “riscatto” dal passato, in modo che il bambino sembra svolgere una funzione vicariante rispetto ai bisogni narcisistici della madre; difficoltà a rinunciare al progetto costruito in gravidanza e quindi a riconoscere il bambino reale; relazione ambivalente con il partner vissuto in modo idealizzato prima del parto e poi descritto come incapace di fornire sostegno economico e affettivo.
Attraverso la tecnica del differenziale semantico alcune ricerche hanno evidenziato le rappresentazioni della donna td in gravidanza rispetto al bambino e descritto come: intraprendente, forte, allegro, che però a quattro mesi di vita assume connotazioni più reali e viene descritto come: pasticcione, dipendente, fragile.
Al contrario la propria autorappresentazione fa riferimento a caratteristiche di : timidezza, fragilità, eccitazione in quanto donna ; paziente, controllante e affettuosa come aspettativa della sua maternità.
Al partner la donna td in gravidanza riserva una rappresentazione anche qui idealizzata e molto simile al bambino che sta per nascere; il partner viene descritto come: intraprendente, fragile e deciso. Da notare che a sette mesi di gravidanza la donna td descrive il bambino come il più forte!
Gli aggettivi e la rappresentazione più negativa viene riservata alla propria madre da parte della donna td che la descrive come: insoddisfatta del proprio ruolo di madre, distaccata, impaziente.
Si comprende così meglio l’aggettivo autoattribuito di controllante: la amadre non è stata vicino abbastanza non ha controllato a sufficienza.
Modelli di interazione tra genitore td, bambino e istituzioni
Nella realtà il disinteresse della madre td verso il proprio figlio non si manifesta quasi mai con un reale abbandono: prende più spesso le forme di un coinvolgimento a corrente alternata che oscilla tra momenti di distrazione anche totale e momenti di sovracompensazione , di una incapacità comportamentale di mettere il bambino al primo posto.
L’uso di sostanze non significa necessariamente disattenzione genitoriale. L’esperienza mostra che l’uso di sostanze rende più possibile tale disattenzione. Tuttavia l’arco in cui la disattenzione si manifesta è molto ampio: dalla negligenza e trascuratezza sistematica alla creazione di alcuni vuoti in alcuni momenti, agli atteggiamenti di compensazione dettati da formazioni reattive, alla complementarietà e supplenza di figure genitoriali sostitutive, all’esercizio di una genitorialità non diversa da tante altre madri e padri sufficientemente buoni che non fanno uso di sostanze.
Dall’esperienza degli operatori di Comunità terapeutica per madri td e figli., emerge la seguente caratterizzazione di modelli interattivi tra madre, bambino e istituzioni.
Modello del dito puntato cioè del “siamo obbligati a “
Il genitore tossicomane si sente giudicato dall’esterno: famiglia, servizi, TM, dalla comunità.
Si utilizza la modalità del giudizio come difesa attraverso un meccanismo proiettivo.
L’atteggiamento conseguente è spesso quello della rabbia, aggressività e avversione.
Ci si atteggia come vittime, si pretende molto: tutto è dovuto.
Modello guscio: “tutto solo mio”
Il figlio come possesso personale, tesoro da preservare da attacchi esterni. Simbiosi enfatizzata da vivere con determinazione. Il figlio riempie come faceva la sostanza, tant’è che spesso, quando la simbiosi diminuisce, ricompare l’assunzione della sostanza.
Prevale con modalità esclusiva la diade madre-bambino da cui anche il padre è escluso.
Non si riesce a vedere i veri bisogni di sé e del figlio: aspetto di strumentalizzazione della maternità per sentirsi buoni, validi e capaci.
Modello saponetta: “svicolo volentieri” dall’impegno del figlio
senza svicolare però dall’immagine del genitore adeguato utilizzando ad esempio i propri genitori come surrogato.
Non ci si fa troppo coinvolgere dai problemi profondi della genitorialità e della gestione del figlio.
Ciò consente di svicolare dai problemi, alleggerendo il carico emotivo, affettivo, pratico, delegando ad altri la gestione, ma poi rivendicando a sé la genitorialità.
Le risposte giudiziarie ai bisogni dei minori figli di tossicodipendenti
Le risposte giudiziarie alle situazioni di genitori con figli td sono fondamentalmente tre:
affidamento ai genitori, affidamento alla famiglia allargata, affidamento eterofaniliare pre-adottivo.
Affidamento ai genitori:
viene perseguita quando la situazione è seguita dai servizi con in corso un piano di riabilitazione;
con soggetti scarsamente coinvolti nel mondo della droga o in via risoluzione del sintomo tossicomanico;
di solito l’affidamento è accompagnato da precise prescrizioni che il T.M. fa ai genitori, anche attraverso un progetto di recupero della genitorialità in C.T.;
in alcuni casi si utilizza la formula del co-affidamento tra servizi sociali e genitori td..
Le criticità rispetto a questa soluzione riguardano la eventuale permanenza del minore in C.T. , che spesso non rappresenta un luogo naturale per la sua evoluzione psicofisica.
Affidamento ai parenti
soluzione doverosa in quanto la legge prevede che sia presa in considerazione per i parenti entro il IV° grado e abbiano rapporti significativi con il bambino;
soluzione comoda in quanto non rende necessari strappi dolorosi ed affannose ricerche.
Le criticità di questa soluzione risiedono nella attivazione/riattivazione della conflittualità e degli invischiamenti familiari rispetto alla cura e gestione del bambino, specialmente quando l’affidamento è dato ai nonni.
Affidamento eterofamiliare e apertura del procedimento di dichiarazione dello stato di adattabilità:
l’apertura di tale procedimento dipende dal grado di t.d. dei genitori e dalla prognosi del “recupero” degli stessi;
dipende, inoltre, dai danni prodotti al neonato e poi magari reiterati.
Le criticità di questa soluzione sono relative ai tempi per aprire il procedimento, ma anche alla conflittualità tra le famiglie di riferimento e il T.M.
Criteri di valutazione per l’idoneità di genitori tossicodipendenti
Non è affatto vero e non è affatto detto che un genitore tossicodipendente sia incapace di un valido rapporto affettivo. Noi vediamo che ci sono delle situazioni nelle quali nonostante si continui ad avere la dipendenza dalla droga, si può conservare un rapporto affettivo e anche sviluppare una capacità educativa nei confronti del minore, anche perché non credo che la capacità educativa debba o possa essere indicata secondo criteri di perfezione.
Noi dobbiamo valutare di volta in volta, caso per caso, se quel determinato genitore sia o meno totalmente inidoneo ad occuparsi di quel minore.
Per giungere ad una adeguata scelta del percorso più idoneo da perseguire, occorre attuare una valutazione multidimensionale:
a)Valutazione medica: quadro della situazione clinica generale;valutazione medico-tossicologica; screening patologie infettive correlate alla t.d.;
- b) Valutazione psicologica e psicopatologica: organizzazione di personalità del paziente; presenza di patologie correlate (doppia diagnosi); significato soggettivo dell’esperienza tossicomania;
- c) Valutazione sociale: grado di conservazione delle abilità sociali; valutazione dell’ambiente familiare e sociale di riferimento; problemi giuridici connessi con la dipendenza.
La valutazione da un punto di vista giuridico deve tenere presente anche i seguenti fattori:
1)dati relativi alla situazione esistenziale e relazionale del minore;
2)storia tossicomanica dei genitori del minore (tipo di sostanze d’abuso, durata dell’abuso);
3)problematicità a livello di personalità (condotte violente, presenza di grave psicopatologia) che non consentono al minore la permanenza con i genitori;
4)tentativi pregressi di fronteggiamento del problema, fallimenti, valutazione della motivazione al cambiamento, interruzioni/abbandoni del programma di recupero, non adesione;
5)per la madre: assunzione di metadone e/o sostanze psicotrope in gravidanza ed eventuale nascita del bimbo con s.a.n., problemi di salute del bimbo legati all’assunzione di stupefacenti;
6)segnalazione da parte dei servizi dello stato di t.d., difficoltà abitative, precarietà economiche;
7)motivazione a seguire il programma, regolarità e disponibilità nei contatti e rapporti con i servizi sociali;
8)mancata assicurazione da parte dei Sert e dei servizi sociali sulle capacità genitoriali e su quelle vicarianti di parenti disposti ad occuparsi del minore.
9)precedenti penali e pendenze dei genitori;
10)problemi del minore, situazione di rischio, pregiudizi arrecati dal nucleo familiare in difficoltà o al contrario valutazione sullo stato del minore di tranquillità, serenità, socialità;
11)irregolarità della condotta genitoriale (cambi frequenti di casa, periodi di confusione ed incertezza, coppia conflittuale ed instabile, ecc.);
12)capacità di porre attenzione alle esigenze del minore.
In termini più precisi la valutazione psicologica dell’adulto e del bambino si focalizzerà anche su questi aspetti:
valutazione dell’adulto:
coerenza, organizzazione e qualità emotiva della propria storia in merito all’attaccamento;
tono affettivo della rappresentazione del bambino;
autostima come genitore;
eventi importanti nella gravidanza;
desideri e paure per il bambino e per sé in quanto genitore.
valutazione del bambino:
il sistema comportamentale di attaccamento;
le interazioni genitore-bambino;
le caratteristiche di personalità;
i rischi per l’insorgenza di patologie o disturbi della condotta.
nella relazione genitore/bambino valutare:
la ricchezza delle percezioni;
l’intensità del coinvolgimento;
l’apertura al cambiamento;
la coerenza delle percezioni genitoriali.
Tutela del minore, tutela della famiglia: percorsi possibili di riabilitazione
Per poter cogliere e poi intervenire in modo adeguato nelle situazioni di genitorialità in contesti tossicomanici , occorre assumere un’ottica globale che prevede un passaggio dall’intervento unidirezionale ad uno sguardo complessivo centrato sulle relazioni tra genitore, bambino, contesto familiare più allargato e istituzioni, e che non si esaurisce in un unico atto – sicuramente volto a tutelare il minore, ma spesso fallimentare – ma con una progettualità che si dissemina nel tempo e che investe sulle risorse psicologiche e umane dei soggetti in questione.
Si può così parlare di una doppia fragilità: del bambino, che certamente va tutelato e protetto, del genitore td che non va condannato a priori per la sua condizione.
Proprio attraverso un lavoro psicologico e psicoterapeutico, ove possibile, in contesti protetti e con programmi personalizzati si può valorizzare la relazione tra genitore td e bambino, facendo assumere via via al genitore una consapevolezza e responsabilità del proprio ruolo che le/gli permetta di uscire dalle idealizzazioni cristallizzate o dalle chiusure spesso manipolative e assolutorie.
È, quindi, necessario trasformare il modo di approccio alla problematica della genitorialità dipendente passando da uno sguardo sugli individui allo sguardo relazionale – salvo alcune situazioni più degradate – uscire dalla logica di intervento unidirezionale – vedi i fallimenti di molti affidamenti e adozioni – accogliere i bisogni del minore ma accogliere anche i bisogni dei genitori;
aiutare, ove possibile, i genitori a diventare competenti elaborando la propria storia personale, di coppia e familiare; accettare il miglioramento possibile (senza idealizzazione da parte degli operatori).
Tipi di intervento a sostegno della genitorialità nelle situazioni di td:
a)Protocolli ospedalieri di messa in rete di più servizi : reparti di ostetricia e ginecologia, Sert, servizi sociali, consultori e servizi di neuropsichiatria infantile.
b)Interventi ambulatoriali di sostegno, di counselling, di presa in carico di persone td mirato al rinforzo delle competenze genitoriali.
c)Comunità Terapeutiche residenziali Madre-Bambino. Accolgono in comunità sia le madri che i bambini e propongono un percorso sia sul recupero dalla td che sul sostegno della genitorialità.
d)Comunità Terapeutiche residenziali Coppia-Bambino. Accolgono in comunità l’intero nucleo familiare e propongono un percorso sulla td, sulla genitorialità e sulle problematiche di coppia. e)Programma terapeutico su più livelli: con la donna e la sua storia di tossicomane; con il bambino e il suo bisogno di essere visto come persona; nella relazione tra madre e figlio;
nella relazione con gli altri ospiti della C.T.; con le altre persone importanti ma fisicamente lontane: padre/partner, nonni/genitori, altri fratelli/figli.
Progetto Maternità in-dipendente
(Centro Accoglienza “La Rupe” Bologna, C.T. “A. Agostini” Pagliare del Tr. (AP), Comunita di San Mauro Torinese ed altri)
Obiettivi del progetto personalizzato in C.T.
Accoglienza ed osservazione: utilizzare il mondo della persona come fonte per il cambiamento
Sperimentazione: conoscere le proprie potenzialità;
Elaborazione: viene ripresa la propria storia come donna e come figlia in cui acquisire una consapevolezza di sé come donna, del proprio corpo e della propria femminilità;
Scoperta-riscoperta della relazione madre-bambino: consapevolezza, maturità e voglia di essere madre;
Riconoscere di essere parte di una coppia genitoriale e di potersi definire nel rapporto con il padre del bambino.
Criticità emerse dal lavoro in C.T.:
La figura paterna spesso non è obbligata a sottoporsi ad un trattamento residenziale;
il percorso in C.T. è intrapreso prevalentemente da soggetti con forti vincoli giuridici;
frequenti interruzioni del programma negli ultimi anni da parte di madri con abbandono del figlio in C.T.;
disparità nei decreti del T.M. con indicazioni precise per le madri e quasi nessuna menzione per i padri;
lunga permanenza del bambino/a all’interno del circuito comunitario; moltiplicazione delle figure di riferimento.
In conclusione l’equazione: uso di droga=incapacità genitoriale=stato di abbandono è un’equazione non dimostrata e che l’esperienza indica poter essere vera in alcune situazioni esasperate, ma non nella maggioranza dei casi.
“Il tossicodipendente è sempre in attesa di un evento che gli consenta di trovare un equilibrio e la nascita di un bambino può essere un evento importante ma questo può accadere se c’è una capacità di risposta professionalmente adeguata ed umanamente presente da parte del servizio” (L. Cancrini)
Bibliografia
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