Il nostro periodo storico, probabilmente, verrà ricordato in futuro come la “società delle dipendenze”.
Le dipendenze sembrano la risposta, ormai generalizzata, ad una società frenetica e disattenta, povera di contenuti e proposte che possano far sviluppare in modo “sano” ( e non “normale“) un individuo.
“Accanto alle ormai ‘classiche’ dipendenze da sostanze, sempre più si stanno diffondendo le cosiddette ‘dipendenze comportamentali’ “
La malattia dell’addiction pervade in tante forme diverse, a volte inusitate, il nostro modo di vivere e le relazioni sociali. Accanto alle ormai “classiche” dipendenze da sostanze (alcol in primis, con tutto il dramma dei “coma alcolici” di bambini che si avvicinano ad esso; poi cocaina, cannabis, oppiacei, anfetamine, ecstasy, benzodiazepine, e chi più ne ha più ne metta: ogni anno centinaia di nuove molecole invadono il “mercato”!), sempre più si stanno diffondendo le cosiddette “dipendenze comportamentali”, che si manifestano non attraverso l’uso e l’abuso di una sostanza psicotropa, ma attraverso comportamenti “eccessivi e distorti” che, però, a livello neurofisiologico producono nel soggetto che le pratica effetti simili all’addiction da sostanze.
In questa seconda tipologia di dipendenze rientrano la ludopatia (cioè il gioco d’azzardo patologico, vera piaga sociale che riduce sul lastrico non solo il dipendente ma tutta la sua famiglia), lo shopping compulsivo, la sex addiction e la dipendenza da Internet. Tutte queste sono, insieme a tante altre, dipendenze comportamentali che sembrano prendere sempre più piede, fino a configurare una specie di “epidemia” moderna.
In sintesi, sia le sostanze da abuso che le dipendenze comportamentali provocano nel soggetto un rilascio di neurotrasmettitori (solitamente prodotti dall’organismo umano) che eccitano, o al contrario rilassano e sedano. Come insegniamo ai nostri ospiti del Centro San Nicola, in cui trattiamo tutte le tipologie di dipendenza, l’addiction “migra”, cioè può passare da una forma ad un’altra – per esempio dall’abuso di cocaina a quello di alcol, o alla ludopatia; oppure può coesistere con altre dipendenze comportamentali o da sostanze, configurando una “polidipendenza”. La ricerca dell’effetto finale, cioè della sensazione fisiologica, resta però sempre la stessa.
I percorsi individuali che portano all’instaurarsi di una dipendenza sono molteplici e spesso non è facile ricondurre subito il comportamento d’abuso ad un “problema” psicologico, familiare e/o relazionale. Sta di fatto che, se le vie di accesso possono essere molto diverse, il punto di arrivo, cioè la “malattia dell’addiction”, è sempre molto simile, pur nell’espressione di forme diverse.
“Perché la dipendenza? Da dove viene? Come si instaura? A quali bisogni risponde?”
Perché la dipendenza? Da dove viene? Come si instaura? A quali bisogni risponde? Se rivolgiamo domande di questo tipo ad una persona che abusa di sostanze o che mette in atto comportamenti di dipendenza, spesso non sa rispondere. Si limita a comunicarci che quello è il suo stile di vita, che vorrebbe smettere (nei casi migliori!) ma che non ci riesce, e forse una parte di sé è addirittura impaurita dalla stessa idea di smettere: che cosa potrebbe succedere senza?
Solo dopo molto tempo, e magari dopo molti ricoveri in strutture adeguate, la persona “contatta” le emozioni che soggiacciono all’abuso: dolore, rabbia, noia, tristezza, paura, eccetera… emozioni che vengono da lontano e di cui si era persa la memoria.
La sostanza o il comportamento “coprono” tante perdite, tanti dolori rimossi o evitati che magari affondano le loro radici nell’infanzia e nelle relazioni primarie con i genitori e non solo, senza cercare con ciò i possibili “colpevoli” della dipendenza. Spesso, ancor prima della dipendenza da sostanze o comportamentale, la persona soffriva di una “dipendenza affettiva” verso gli altri, con una ricerca simbiotica e fusione nei rapporti affettivi e amorosi che, come osserviamo nel Centro San Nicola, una volta tolta la sostanza riemergono in tutta la loro valenza, evidenziando antichi bisogni affettivi mai colmati.
“La divisione tra ‘dipendenti’ e ‘non dipendenti’ è meno netta di quanto spesso non si consideri”
Una costante che possiamo rinvenire in tutti i nostri ospiti del Centro San Nicola, ma in generale in tutte le dipendenze patologiche (lavorando nel settore dal 1987), è un processo di crescita disfunzionale, alterato da relazioni non adeguate con le figure di accudimento. Il lavoro terapeutico ed educativo che proponiamo ai nostri ospiti al Centro San Nicola è quello di diventare consapevoli del proprio modo di agire e stare nel mondo, passando da una “accusa” verso gli altri ad una responsabilizzazione del proprio “sentire” e del proprio “agire”.
Uscire da una dipendenza non è semplice. Occorrono impegno, continuità e dedizione vera, nonché consapevolezza che i meccanismi della “malattia dell’addiction” sono sempre in agguato, come ci ricorda anche la definizione dell’OMS, che parla di “malattia recidivante”. La dipendenza, però, se consapevolizzata ed affrontata attraverso un percorso di crescita adeguata, può diventare una occasione di crescita e di conoscenza di sé stessi, come sperimentano ad esempio le persone che nel nostro Centro “vogliono” veramente mantenere la loro sobrietà!
Per concludere: se oggi ci guardiamo intorno, osservando le persone che viaggiano in treno o aspettano il bus, non rimaniamo stupiti di come ciascuno giochi, chatti o navighi sul suo smartphone dalle mille funzioni. Questo ci suggerisce che la divisione tra “dipendenti” e “non dipendenti” è meno netta di quanto spesso non si consideri: ciascuno di noi, in determinate condizioni, può diventare un “addict”. O forse lo è già e non lo sa, semplicemente perché alcuni comportamenti sono considerati “normali” e accettati socialmente più di altri.
Forse, la divisione più corretta da mettere in campo non è quella tra “dipendenti” e “non dipendenti”, ma tra chi pone in critica il proprio “sentire, pensare ed agire” e chi invece non lo fa.