Vivere in due. Scambiarsi l’amore, i corpi, le parole. Condividere il tempo, le paure, le conquiste. Invecchiarsi insieme…
Quanti miti, romanzi, poesie, film ci parlano di storie a due! Quanto, ognuno di noi, nella propria adolescenza ha immaginato, desiderato, progettato l’incontro con l’altro/a per l’attuazione della propria felicità, per iniziare una vita piena di sentimenti, per entrare da adulto con una storia importante diversa e migliore di quella dei propri genitori.
Nel panorama, sempre mutevole, dei rapporti di coppia tra uomo e donna, assistiamo oggi ad alcuni fenomeni sociali che mi stimolano alcune riflessioni.
Da un lato sembra in crisi il rapporto di coppia di tipo istituzionale – diminuzione dei matrimoni, alto numero (anche se stabilizzato) di divorzi, tante separazioni che portano a considerare l’unione coniugale come un rapporto con scadenza più o meno fissa – dall’altro un aumento delle “convivenze” (anche se il fenomeno sfugge alle statistiche), di coppie più frugali e meno impegnative. Tali situazioni si collegano ad un atteggiamento ormai comune di molti giovani adulti (alcuni già adulti da un po’!) che favoriti e/o storditi dai tanti incontri che rendono difficile operare una scelta, volano di fiore in fiore senza fermarsi su nessuno di essi perché sembra che manchi sempre qualcosa oppure perché ci si dovrebbe privare di qualcosa.
Queste situazioni, accanto alle quali continuano a sussistere tante coppie stabili, hanno tra loro caratteristiche diverse, la durata del legame è molto variabile: dai pochi giorni di un effimero incontro, ai pochi anni di un matrimonio andato male.
Il rapporto dura finché c’è la novità, la scoperta reciproca, il piacere… poi si passa ad un’altra storia e spesso ad un’altra delusione.
Se la descrizione fenomenica è questa, o perlomeno è questo ciò che appare dall’esterno, occorre anche una lettura più approfondita e psicologica di questi comportamenti. L’unirsi e il costituire coppia a volte in modo fin troppo immediato e scontato vede come interfaccia il successivo separarsi anche questo in modo frettoloso, con una non elaborazione della separazione stessa e ciò emerge dal continuare a vedersi o sentirsi di molti ex, magari tramite amici, magari per i figli o per altri motivi. La domanda che mi sorge è allora: quanto si è conosciuto dell’altro, e quanto invece doveva confermare le nostre aspettative? Quanto il tempo vissuto insieme è stato, tra l’unione e la separazione, sotto il segno di una attenzione alla propria e altrui realtà e quanto invece sotto il segno del mito?
IL MITO DI ARMÒNIA
Armònia, figlia di Ares e di Afrodite, si sposò con Cadmo sotto la protezione di Zeus. Cadmo e Armònia, narra il mito, ebbero cinque figli ed insieme affrontarono nella vita tante vicende belle e brutte; anche nella morte tutti e due entrarono nei campi Elisi sotto forma di serpenti.
Questo mito è il simbolo della perfezione della vita a due.
L’armonia nel rapporto tra due amanti è il sinonimo di concordanza perfetta, di un comune sentire, di amore reciproco e di sostegno scambievole.
L’armonia ricercata e finalmente trovata nell’incontro tra un uomo e una donna rende il rapporto unico, incommensurabile, divino. Ma l’armonia così come per una serie di eventi si è instaurata tra i due, così per altri motivi – individuali, di coppia, ambientali – può perdersi… e allora?
Ciò che accade, spesso, è il passaggio da una squalifica di un gesto o di una azione (per esempio un tradimento), alla svalutazione complessiva e totale di tutta la persona, forse per l’incapacità di uno o di tutti e due i soggetti di gestire una situazione non prevista o sgradevole o sconosciuta.
Allora la frase scambiata è: “non ti conosco più. Non sei quello/a di una volta”.
Eppure già dalla etimologia del termine armonia possiamo trarre utili indicazioni.
La radice della parola armonia contiene in sé anche il concetto di arma, e tutti e due i vocaboli si incontrano nel significato di giuntura/nesso.
L’armonia in una coppia può trasformarsi in arma, in lotta che è sempre un nesso, un contatto tra due persone.
Il passaggio è polare: dal positivo al negativo (per tornare ad un nuovo e diverso accordo), ma la conquista di stare insieme deve uscire dal mito e avvicinarsi alla situazione quotidiana e contingente delle due persone.
Dopo la fase della reciproca conoscenza – durante il fidanzamento (che parola vetusta!) – e dopo i regali e le sempre più sontuose nozze – per i coniugi – come si continua? O perché dopo poco si preferisce non continuare?
La gestione dei conflitti di coppia riapre un capitolo che si pensava definitivamente chiuso nella storia degli individui.
I RETAGGI DEL PASSATO.
Quando un uomo e una donna decidono di mettersi insieme inizia una nuova storia. Ma i due individui entrano nella coppia già con una loro storia personale e familiare.
I due partner costruiscono giorno per giorno la loro unione partendo dalle aspettative personali, affermando motivi di riscatto (verso fallimenti precedenti o verso gli amici), o con la voglia di uscire dalla famiglia di origine vissuta ormai come un ghetto. Nella coppia si gioca il ruolo sociale e psicologico dell’individuo: quanto ci si è identificati e definiti come adulto e quanto, invece, si è rimasti legati ad un ruolo filiale spesso in cerca di comprensione e di sollecitare l’interesse del genitore?
Nell’incontro con l’altro/a scattano tutti gli stereotipi acquisiti e si ripresentano tutti i conflitti rimasti irrisolti. Scrive Giorgia a Stefano (sono una coppia da me seguita per un anno indecisa su come continuare): “Stefano mi ricorda mio padre, molte volte, troppe volte… Hanno lo stesso sguardo di disprezzo verso di me. Mio padre non mi ha violentata fisicamente, ma lo ha fatto psicologicamente. Lui non sapeva mai dov’ero e cosa facevo…”
I conflitti irrisolti nel passato ritornano, si “proiettano” sulla nuova persona che a volte neppure si vede, neppure esiste: come Giorgia non esisteva per suo padre.
A volte per questo vivere si preferisce non affrontare i conflitti. Scrive Stefano a Giorgia: “Le sue paure, i suoi stati d’animo, le sue reazioni non sono riuscito a capirle; ogni volta speravo che fosse l’ultima e che dopo sarebbe stato diverso: speravo, ma senza fare niente per paura di affrontare l’argomento”.
Paura contro paura: il conflitto rimane lì, irrisolto.
Se i due riescono ad uscire dalla situazione mitica che li immobilizza ed iniziano a percepirsi come persone capaci anche di scelte autonome e non automatiche e già percorse, possono iniziare a riscoprirsi e a formare una nuova coppia o a decidere di lasciarsi per davvero.
UNA COPPIA CIOE’ TANTE COPPIE.
Ognuno di noi ha avuto esperienze di coppia attraverso la conoscenza e la storia di persone vicine: genitori, nonni, parenti, amici.
Ma è soprattutto all’interno della nostra famiglia di origine che si acquisisce un modello di unione e di ruolo (sociale e sessuale).
Tale modello può essere rifiutato – io non sarò mai come te – oppure accettato – mia/o padre /madre diceva che… – o addirittura idolatrato – la mia è stata una famiglia stupenda!
Il modello genitoriale non può essere scartato facilmente.
Rimane, sempre, un riferimento più o meno consapevole di cui è necessario, per i partner di una coppia, valutarne aspetti positivi e negativi. La forza del modello interno si coglie nei momenti di crisi della nuova coppia, quando uno o tutti e due i soggetti tornano a fare confronti con la storia dei genitori che, a volte, improvvisamente si trasforma: da esperienza vituperata a situazione idealizzata!
La crisi di coppia, spesso, si presenta nei momenti di passaggio – da fidanzati a coniugi per esempio – o nel cambiamento di ruolo sociale – la nascita di un figlio – o durante situazioni difficili – un nuovo lavoro.
In questi passaggi la coppia o la famiglia ha bisogno di ristrutturarsi, di cambiare: attraverso la divisione dei tempi e spazi (la nascita di un figlio/a, per esempio, toglie, di solito, al partner maschile attenzioni e coccole della donna), nel percepirsi in modo diverso: passato il fervore dell’innamoramento come vivere la quotidianità di coppia e nello stesso tempo non farsi tarpare le ali dalla stessa?
E’ proprio l’incapacità di cambiare che blocca il libero fluire di sentimenti nella coppia e il libero formarsi di nuove figure. Il potersi percepire uguali ma in realtà diversi, il potersi conquistare di nuovo senza dare per acquisito una volta per tutte ciò che successe là ed allora. La capacità di rinnovare “il patto” di unione tra i partner di una coppia è importantissima: ogni età, ogni nuova situazione che la vita ci porta ad affrontare ha bisogno di nuove regole e di nuovi accordi.
Una coppia è in realtà tante coppie, tanti modi diversi di incontrarsi, di vivere insieme.
Anche il sesso può diventare una scoperta progressiva e una peculiarità di incontro diverso nelle varie età della vita, senza doversi ad un certo punto o estinguere o aver bisogno di accensioni artificiose ed esterne.
La capacità di percepirsi sempre in crescita e in cambiamento permette ai due partner di mantenere vivo l’interesse verso l’altro e verso se stessi, sapendo che ognuno di noi è un universo infinito mai esplorabile del tutto.
Pubblicato su “ROCCA”.